In questa puntata di IN FULL GEAR vi parlo di una disgraziata auto da corsa: la Lotus Elise GT1, costruita con poche risorse tra il 1996 e il 1997.
Anzi, in queste Puntate! Per ragioni di durata, l’Episodio è stato diviso in Parte 1 (EP. 18) e Parte 2 (EP. 19).
Siamo alla 24 Ore di Le Mans del 1997 e in uno schieramento composto da Porsche, McLaren, Mercedes, Ferrari, Nissan e Chrysler si presenta una piccola vettura, piccola per ingombri, se non altro nelle intenzioni iniziali del progetto, piccola per struttura aziendale, piccola per budget ma grande, grandissima per Storia e ambizioni.
Purtroppo, però, la storia e le ambizioni si scontrano con la realtà, con l’implacabile cronometro e sì, con quei danè che non ci sono per fare le cose per bene.
Quando non hai i danè, devi inventare, ti devi arrangiare, devi fare il massimo con quel poco che hai e non si tratta solo di arrivare, magari, ma di arrivare prima degli altri.
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La Storia di uno dei tanti progetti romantici, folli e memorabili che il Motorsport e l’Automobilismo ci hanno consegnato.
Siamo alla 24 Ore di Le Mans del 1997 e in uno schieramento composto da Porsche, McLaren, Mercedes, Ferrari, Nissan e Chrysler si presenta una piccola vettura, piccola per ingombri, se non altro nelle intenzioni iniziali del progetto, piccola per struttura aziendale, piccola per budget ma grande, grandissima per Storia e ambizioni.
Purtroppo, però, la storia e le ambizioni si scontrano con la realtà, con l’implacabile cronometri e sì, con quei danè che non ci sono per fare le cose per bene. Quando non hai i danè, devi inventare, ti devi arrangiare, devi fare il massimo con quel poco che hai e non si tratta solo di arrivare, magari, ma di arrivare prima degli altri.
Oggi vi racconto la Storia di una piccola vettura che avrebbe voluto sfidare i giganti.
Gli anni ’90 hanno regalato autentiche perle di follia in campo Automobilistico. C’era un Competizione, nata come BPR Global GT e divenuta successivamente Campionato FIA GT a seguito dell’acquisizione da parte della Federazione Internazionale.
Furono anni di Omologazioni speciali, di wild card concesse “per la Gloria”, di vere e proprie auto da corsa targate ed omologate soltanto perchè i Regolamenti lo richiedevano. Dei veri e propri Prototipi firmati dalle Case automobilistiche più note del Pianeta, creature che fanno impallidire le moderne Hypercar. Non certo per prestazioni pure, sia chiaro, quanto per i concetti e la esasperazione delle prestazioni rapportate ad auto tecnicamente con targa, fari e frecce.
La Categoria Regina di questa splendida follia fu il Campionato FIA GT1.
Ma cosa era il FIA GT1? Allora, anzitutto dobbiamo partire dalla BPR Series e da ciò che c’era prima.
Nel 1992 il Motorsport restò senza una Competizione iridata di durata a causa della chiusura del Campionato del Mondo Sport Prototipi, epilogo naturale a seguito di cambi regolamentari che avrebbero dovuto ridurre i costi, ma che in realtà li fecero esplodere.

La FIA a inizio anni ’90 cercò di imporre uno standard relativamente ai motori: le Gruppo C, fino a quel momento spinte da grosse cilindrate derivate da motori di produzione, dovette adeguarsi ad un nuovo standard rappresentato dai 3.5 litri aspirati e ispirati alla Formula 1.
I propulsori erano depotenziati per poter resistere alle Endurance (ricordiamo che all’epoca in F1 i motori erano praticamente usa e getta), ma i costi lievitarono: le Case che non intendevano acquistare propulsori derivati dalla F1 avrebbero dovuto costruirne di nuovi, e la teorica “livella” data dalle regole in campo di propulsori portò a sviluppi importanti in altre aree, come in campo aerodinamico, tanto che le prime auto realizzate sarebbero state in grado di piazzarsi a metà gruppo in una teorica griglia di Formula 1 nonostante circa 200kg di peso in più ed almeno 100 cavalli in meno.
Quello deciso dalla FIA fu l’ennesimo provvedimento da burocrati che non sanno stare al Mondo e che soprattutto non hanno idea di come questo Mondo funzioni, basando il provvedimento su buone intenzioni che non avrebbero mai potuto materializzarsi se non tramite inchiostro su carta.
Cosa accadde? Beh, cosa fai quando devi costruire un motore da Formula 1, ma non per fare la Formula 1, e spendere cifre simili ma senza un ritorno di immagine adeguato? Che o fai direttamente la F1, o lasci perdere. Per questo nel 1992 la FIA annullò il Campionato, troppe poche adesioni.
A quel punto ecco arrivare sulla scena la BPR Series, che era un Campionato organizzato da privati cittadini, ex piloti e imprenditori: Jürgen Barth, Patrick Peter, e Stéphane Ratel, le cui iniziali dei cognomi diedero il nome alla manifestazione. Venne istituito nel 1994 e come sempre accade, le colonne portanti si ispirarono agli errori del più recente passato (24 mesi) cercando di scongiurarli: le vetture dovevano essere derivate da automobili prodotte in serie, sia pur limitata.
I tre soci fondatori provenivano dalle competizioni: Barth era tra gli organizzatori della Porsche Series in Germania, mentre Peter e Ratel erano impegnato in Francia nella Venturi Series. L’idea di base era quella di fondere queste due esperienze franco-tedesche, fornendo così una impalcatura al Campionato a livello di logistica e calendario ed estendere la partecipazione a chiunque volesse parteciparvi tramite un Regolamento tecnico rinnovato e armonizzato.
Ah, Stephane Ratel all’epoca era molto giovane, ma la sua grande Carriera di Organizzare iniziò qui. Nel 1995 fondò la Stéphane Ratel Organisation, una realtà oggi conosciuta come SRO Motorsport Group, affiliato FIA, Sede a Londra e Papà delle più importanti manifestazioni GT degli ultimi 30 anni. Oggi la SRO organizza il GT World Challenge e tutte le manifestazioni regionali ad esso collegate e la GT4 Series. La sua storia di manager ed imprenditore di caratura internazionale cominciò proprio con la BPR Series.

In pochi mesi Costruttori e Team tornano in scena: Jurgen, Patrick e Stephane si trovano in griglia Ferrari F40, McLaren F1 GTR, Jaguar XJ220, Lotus Esprit, Chevrolet Corvette e, chiaramente, Porsche e Venturi.
Il Calendario era composto da una dozzina di appuntamenti, sostanzialmente sulla lunghezza delle 4 Ore o sui 1000 km, si correva in Europa (Monza, Silverstone, Le Castellet, Jerez, Jarama, Nurburgring, Anderstorp, Spa, Brands Hatch, eccetera), con una tappa in Cina, a Zuhai, non banale per quei tempi e a Suzuka, in Giappone, a legittimare la dicitura Global della Serie.

Le prime edizioni riscossero subito successo e indovinate un po’, la FIA cooptò la Serie, ne prese il controllo, per riproporre un Campionato iridato sotto la sua egida. Siamo nel 1997. La storia è letteralmente ciclica: la FIA porta un Campionato al default, il Campionato rinasce con privati dandosi regole basate sugli errori della FIA, la FIA interviene prendendo il controllo del Campionato che… sì, andrà in default e così via. Ne abbiamo già parlato in altri episodi di questo Podcast e ne parleremo ancora, abbiate fede.
La FIA apportò alcune modifiche e rese il regolamento più libero e portò il limite di produzione dei veicoli eleggibili GT1 ad appena 25 esemplari. Le corse vennero ridotte a 500 km anzichè 4 ore o 1000 km, chiaramente fatta eccezione Le Mans, che rimane come sempre una storia a sè.
Uno dei fondatori, Stephan Ratel (con la sua SRO) restò nei ranghi con responsabilità a livello commerciale e riuscì a sottoscrivere un importante accordo con il broadcaster Eurosport, che acquisì i diritti tv dalle gare.
I costi, ovviamente, andarono alle stelle e la nuova ondata di ritiri cominciò già nel 1998.
Comunque, cerchiamo ogni tanto di guardare il bicchiere mezzo pieno, la buona notizia è che nel 1997 nei fatti tornò una sorta di Mondiale Endurance, il FIA GT Championship, con in griglia: McLaren F1 GTR, Panoz GTR-1, Porsche 911 GT1, Mercedes CLK GTR, Lister Storm GTL, Venturi 600 LM e altri veicoli pazzeschi dei quali vi parlerò più avanti.
Sì, perchè ho deciso di raccontarvi quegli anni cominciando non dalle reginette belle, veloci e vincenti, che bene o male vengono facilmente alla memoria, ma da vetture che paragonate alle suddette nobili potrebbero brutalmente essere considerate dei catorci. O meglio dire, dei cancelli. Insomma vetture che presero parte alla contesa ma senza combinare fondamentalmente nulla, quindi senza contendere.
E oggi parliamo della Lotus Elise GT1. Sì.
Ma che cos’è la Lotus?
La Lotus Cars è stata fondata nel 1952 da Colin Chapman in Inghilterra. La società si è guadagnata una reputazione nel mondo delle corse per la sua filosofia di progettazione leggera e agilità. Nel 1957, la Lotus ha introdotto la Lotus Seven, un’iconica vettura sportiva leggera con telaio tubolare e carrozzeria Roadster, prodotta fino al 1973. Successivamente la licenza della Seven sarà ceduta ad un’altra azienda britannica, Caterham Cars, che l’ha portata fino ai giorni nostri sotto il nome di Caterham Seven.
Negli anni ’60, la Lotus ha ottenuto successi significativi nelle competizioni automobilistiche, vincendo più volte il Campionato del Mondo di Formula 1 con piloti del calibro di Jim Clark, Emerson Fittipaldi, Mario Andretti, Jochen Rindt e Graham Hill.
Senza dimenticarci di Peterson, Moss, tanti altri ma soprattutto… di un giovanissimo Ayrton Senna, che in Lotus iniziò a mostrare al mondo chi sarebbe stato Ayrton Senna.
Il Team Lotus è stato attivo in Formula 1 dal 1958 al 1994, vincendo per 7 volte il Campionato mondiale Costruttori e per 6 volte il Campionato mondiale Piloti, per un totale di 13 Mondiali in bacheca, 491 Grand Prix disputati e 79 gare vinte, numeri che l’hanno consacrata come una delle squadre più vincenti della Storia. Ah, non confondete le recenti apparizioni di Lotus in F1, si tratta solamente di un marchio ceduto a licenza, il Team Lotus ha chiuso nel 1994. Stop, finito.
La Lotus Esprit, introdotta nel 1976, è diventata un’icona grazie ad un design assolutamente distintivo, nato dalla matita di Giorgetto Giugiaro, e alla sua presenza nei film di James Bond. Nel corso degli ultimi 30 anni, la Lotus ha prodotto una serie di modelli sportivi di successo, tra cui l’Elise, l’Exige e l’Evora.
Negli anni recenti, la Lotus è stata acquistata dal gruppo cinese Geely nel 2017, un passaggio che purtroppo ha portato anche alla produzione di autentici cassoni a pile rimarchiati. Ma questa è un’altra Storia che non ho alcun interesse a raccontare.
Parliamo di cose belle, l’Azienda di Hethel lanciò nel 1996 la Lotus Elise S1 con motore Rover Serie K, un piccolo quattro cilindri milleotto, il suo telaio in alluminio e carrozzeria interamente in vetroresina, sostanzialmente composta da un clam anteriore ed un clam posteriore, oltre a portiere e tettuccio in tela ripiegabile.
Si tratta di una Automobile che diventerà rapidamente l’auto sportiva per antonomasia grazie a telaio e sospensioni raffinate, leggerezza (720kg per 120cv di peso), motore centrale, trazione posteriore, bassi costi di gestione ed un prezzo di circa 50 milioni di lire nella seconda metà degli anni ’90.

Un progetto che evolverà in diverse serie, passando ai motori Toyota, sia aspirati sia volumetrici, fino alla Elise S3, una storia durata 25 anni, dal 1996 al 2021.
Questo stesso telaio darà vita ad una versione coupè, la Lotus Exige, leggermente più grande a con motori sempre più potenti, senza scordarci della più borghese Lotus Evora, ma anche della Opel Speedster, versione con telaio Elise S1 che differiva per motori e cambi forniti dalla General Motors, ma sempre prodotta dalla Lotus.
In quegli anni, fine anni 2000, General Motors era nuovamente intervenuta per salvare le finanze di Lotus Cars e ha chiesto in cambio la produzione di una versione di Elise a marchio proprio, di questo stiamo parlando. Venne venduta come Opel Speedster in Europa Continentale e come Vauxhall VX220 in Regno Unito.
Ho avuto una Speedster con motore 2.2 4 cilindri che ho stupidamente venduto molti anni fa, grave peccato.
Per dare ulteriore respiro alle ambizioni Sportive e Commerciali della piccola Lotus Elise S1, Lotus Cars decise di allestire un Programma nella Classe di riferimento. La GT1.
I britannici erano già presenti della “vecchia” BPR con la Lotus Esprit e Lotus Motor Racing sapeva il fatto suo.
Un motore Corvette V8 da 6 litri sulla Elise.
Nell’autunno del 1996 il telaio M111 progettato da Richard Rackham entrò nel reparto Motorsport e i tecnici inglesi iniziarono a grattarsi pericolosamente la testa.
Era arrivato il momento di costruire una GT1 e con tutto il bene che si può volere al Rover Serie K, evidentemente non ci sarebbe potuti presentare al primo appuntamento di Hockenheim, nell’aprile dell’anno successivo, con il quattro cilindri milleotto.
Della Elise venne mantenuto in sostanza proprio il telaio in alluminio, l’iconico telaio realizzato tramite estrusione del foglio solido e incollaggio tramite resina epossidica, procedimento fino a quel momento utilizzato principalmente in campo aeronautico.
Alla vasca erano collegati nuovi telaietti, telaietti tra virgolette, strutture tubolari anteriori e posteriori che completavano lo scheletro della vettura, per sostenere motore, cambio, sospensioni, sistemi di raffreddamento, eccetera.

La carrozzeria era in fibra di carbonio e rispecchiava il design della Lotus Elise S1 ma l’auto risultava molto più lunga e larga, anche perchè i già citati telaietti anteriori e posteriori vennero progettati da zero per ospitare un motore ed una trasmissione decisamente più ingombrante, pesante e potente rispetto al motore 1.8 Rover quattro cilindri.

Dopo aver inizialmente sperimentato il V8 di derivazione Esprit, nelle varianti 2.8 e 3.5, gli Ingegneri Lotus decisero di installare in posizione centrale/posteriore il possente motore Chevrolet LT5 V8 da 6 litri di cilindrata cercando di sfruttare alcuni vantaggi che il Regolamento avrebbe dovuto concedere alle unità aspirate.

Il motore della GT1 Ufficiale venne preso in prestito dalla Corvette ZR1, auto che a Hethel era ben conosciuta visto che erano stati proprio gli Ingegneri Lotus a svilupparla quando, tre anni prima, General Motors era proprietaria della Casa inglese.
Nel 1986 la Lotus passò di mano a seguito della tragica esperienza legata alla scomparsa del fondatore Colin Chapman e alla collaborazione con la DMC di John DeLorean, a riguardo andate a recuperarvi l’Episodio 1 del Podcast di IN FULL GEAR intitolato “EP. 1 – DeLorean DMC-12, l’oscura Storia di un’automobile terrificante”, dove vi racconto gli intrecci tra DeLorean e Lotus e la relativa bancarotta.
Nel 1986 dicevo, Lotus Cars passò a General Motors, americani un po’ più solidi ed istituzionali diciamo, e il Colosso di Detroit aveva spedito i V8 della Chevrolet in Inghilterra per una consulenza sull’ottimizzazione dei propulsori in chiave sia stradale (ZR1) sia Motorsport (Chevrolet da competizione).
Nel 1993 GM cedette la maggioranza di Lotus ad un fondo lussemburghese che faceva riferimento all’imprenditore italiano Romano Artioli, ma nel 1996 l’Azienda passò nuovamente di mano, questa volta al gruppo malese Proton, una cessione legata alla crisi finanziaria che colpì l’altra esperienza automobilistica di Artioli ovvero la Ettore Bugatti. La cessione di Lotus doveva coprire almeno parzialmente le insolvenze legate a Bugatti e al Progetto EB110 e Bugatti sarà ceduta anch’essa, come Marchio, al Gruppo Volkswagen nel 1998.
Cinque anni entusiasmanti e difficili per questa proprietà, che ebbe comunque il merito di sfornare, oltre alla EB110 a Marchio Bugatti, una vera e propria icona: la Lotus Elise S1.
Quindi, avete capito che questo progetto GT1 nacque in acque agitate, Lotus aveva a disposizione il telaio della neonata Elise S1, un motore fornito dagli ex-proprietari di Chevrolet, sul quale avevano lavorato, e pochi soldi nella voce “budget”. Nella Factory ci si arrangiava e le telefonate ai piani alti per chiedere sforzi economici andavano a vuoto, anche perchè nelle fasi dei cambi di proprietà è anche abbastanza complicato capire a chi telefonare.
Il V8 di derivazione Chevrolet ZR1 che gli Ingegneri Lotus Racing avevano a disposizione era ovviamente modificato ed elaborato, cilindrata modificata da 5.7 a 6.0, internamente rivisto con sistema a carter secco, il blocco inizialmente era in alluminio e successivamente sostituito con un basamento in ghisa a causa di grossi problemi di affidabilità.
A questo motore era abbinato un cambio Hewland a 6 rapporti, con la leva posizionata a destra del pilota. Trattandosi di una auto con guida a destra, la leva era stata collocata all’interno del longherone destro, tra il ginocchio del pilota e la pannellatura della portiera.
Il longherone era stato letteralmente tagliato con una fessura di un paio di centimetri di larghezza e una decina di lunghezza per permettere il movimento della leva del sequenziale manuale.

Nasce così la Lotus Elise GT1, nome in codice Lotus Type-115. Nonostante il grosso motore la Elise GT1 manteneva intatta la filosofia Lotus grazie all’utilizzo di carbonio, kevlar, titanio e alluminio.
Difficile trovare materiali differenti all’interno della piccola creatura del Norfolk, tanto da sfoggiare un rapporto peso/potenza ottimo.
Il Team Ufficiale GT1 usava l’unità Chevrolet mentre i team privati la opzionarono con il 3.5 Twin Turbo. Ci fu chi osò ancor di più: la Oral Engineering dell’ex motorista Ferrari Mauro Forghieri sviluppò un motore V8 Turbo di più piccola cubatura, basato sul basamento dell’otto cilindri da due litri e otto, per affidarsi al know-how della Sovralimentazione in voga a fine anni ’80 dalle parti di Maranello e per ridurre il peso dell’unità.
La Oral Engineering lavorò insieme ad una struttura privata, la GBF, anch’essa italiana ma con sede operativa in Regno Unito. Si tratta di una squadra che correrà con le Lotus GT1 in modalità clienti, ma prima un attimo di attenzione.
Ora voi vi starete chiedendo. Ma come? E i 25 esemplari da produrre? Perchè le grandi case costruirono da zero dei veri prototipi targati e ricercatissimi, mentre la Lotus preparò una Elise?
Beh, perchè in Lotus diedero una loro interpretazione al Regolamento. Partendo dal presupposto che costruire una vettura nuova ed un nuovo motore, o acquistare un motore di nuova generazione era incompatibile con il budget messo a disposizione dal nuovo proprietario, l’azienda malese Proton, giunsero alla conclusione che avrebbero potuto costruire una sola vettura di produzione per ottenere l’omologazione, speculando sul fatto che la GT1 avesse il telaio derivato dalla Elise S1 e che questo era numero come le Elise S1 stradali. Quindi, sempre secono le interpretazioni di Lotus Cars, la Elise GT1 sarebbe potuta essere semplicemente costruita, con il suo numero di telaio, ma senza essere necessariamente venduta ad un cliente.
Ma come spesso accade per auto e progetti affascinanti, i risultati sportivi furono molto deludenti. Al tanto atteso debutto di Hockenheim nessuna delle quattro Elise GT1 arrivò al traguardo, andarono KO sia le ufficiali di Lotus Racing, sia la privata di GBF UK.
Volete farvi due risate? Questa la capiranno soprattutto i cosiddetti Lotussari, passatemi il termine. Le auto avevano problemi vari ed eventuali, ma il grosso dei ritiri avvenne per problemi all’alternatore del motore. Avevano stravolto la macchina, avevano messo il V8, era più lunga, più larga, più tutto. Ma l’alternatore ancora si bruciava. Mitica!
La “piccola” Elise GT1 doveva lottare contro avversari enormi, soprattutto McLaren F1 GTR, Mercedes CLK-GTR e Porsche 911 GT1. E in più si rompeva.
Nel secondo appuntamento di Silverstone, un mese più tardi, Lotus consegnò al team GBK UK il secondo telaio clienti. Era il telaio da corsa numero 6, una vettura che non era stata in alcun modo testata e che eppure fu l’unica a riuscire a terminare la gara, venendo classificata ultima con 25 giri di ritardo dal vincitore, la McLaren F1 GTR GT1 con i colori di BMW Motorsport (team Schnitzer) guidata in quella 4 Ore da Peter Kox e Roberto Ravaglia. Le altre tre vetture Factory si ritirarono, questa volta per problemi alla trasmissione.
La terza gara si corse in Filandia, ad Helsinki, sulla distanze delle 3 Ore. La durata meno impegnativa ed un minor numero di partecipanti iscritti consentì alla Lotus di conquistare uno storico quinto posto. Un risultato da un lato confortante, ma dall’altro scioccante: il bel 5° posto conquistato in Finlandia venne ottenuto da una Elise con motore Lotus V8 e non dalla motorizzata Chevrolet del team Factory. Si trattava della Elise GT1 del team GBF UK affidata ai piloti italiani Mauro Martini e Andrea Boldrini. Comunque anche altre due Lotus comunque riuscirono a finire la gara, sia pur molto arretrate.
Si era ad una svolta positiva? Nemmeno per sogno!
Il 14 e il 15 Giugno in Francia era in programma l’evento più atteso, la 24 Ore di Le Mans. La 65esima edizione della Grande Classica del Motorsport. Tre Classi al via, le LMP, ovvero i Prototipi appositamente creati per le Competizioni (all’epoca carrozzeria tipo barchetta) e le Classi GT1 e GT2, ovvero modelli derivati da esemplari stradali.
Come già vi ho detto, la bussola in questo senso era stata persa: nel 1995 la McLaren F1 GTR riuscì a battere i Prototipi, e nel 1996 il prototipo Classe LMP1 TWR Porsche WSC-95, schierato dal Team Joest, precedette di un solo giro le due Porsche 911 GT1 Ufficiali, ma solamente grazie alla costanza di rendimento e ad una maggiora affidabilità: le GT1 erano più veloci sul giro secco.
Nel 1997 nuove direttive tecniche avrebbero ulteriormente favorito la fitta pattuglia di GT1 supportate dai Costruttori: le GT1 avevano un peso limite di 950kg contro i 850kg dei prototipi, ma motori con potenza di oltre 600 CV contro i 550 CV delle LMP e soprattutto serbatoi più grandi: 100 lt di carburante per le GT1, solamente 80 lt per le LMP.
Nonostante questo, alla 24 Ore di Le Mans Lotus iscrisse solamente una vettura. In quel momento la Elise GT1 aveva una durata di non più di 3 ore prima di detonare, un impegno così ravvicinato sulle 24 Ore venne vista da Lotus come un inutile massacro e preferirono tenere le altre auto ben nascoste ad Hethel.
E infatti, l’unica Elise iscritta si ritirò dopo 121 giri a causa di un problema alla pompa dell’olio.
Presentarsi a Le Mans con una sola vettura già faceva capire i problemi di questo progetto ed il duro confronto tra realtà e ambizioni. Comunque, alle altre GT1 non andò meglio.
Oddio, sì, certo che andò meglio, non era difficile. Ma quello che sembrava un agile successo per la pattuglia di GT1… sfumò.
Vinse ancora il Team Joest con la TWR-Porsche WSC-95, motorizzata Porsche flat-6 3 litri Turbo, la vettura numero 7 guidata da Michele Alboreto, Stefan Johansson e Tom Kristensen.
Le GT1 furono funestate da problemi e rottura, vi cito la Porsche 911 GT1 #26, che era al comando a due ore dal termine: Ralf Kelleners la parcheggiò, motore rotto e dopo pochi istanti la GT1 di Stoccarda venne avvolta dalle fiamme. Problemi a ritiri anche per le McLaren, che dovranno accontentarsi di un doppio podio, seconda e terza, con il Gulf Team Davidoff davanti alla F1 GTR di BMW Motorsport, alle spalle di un Prototipo che, nei fatti, partiva sfavorito.
Superata Le Mans, per Lotus era il momento di tornare a competere nella stagione regolare del FIA GT. Una tragedia.
Al Nurburgring la migliore classificata non andò oltre l’11° posto, a Spa arrivò il secondo miglior piazzamento, un 8° posto comunque fuori dai punti, mentre a Zeltweg su 5 Lotus iscritte… 5 spaccarono e non completarono la gara.
A quel punto il viaggio intercontinentale destinazione Suzuka venne ritenuto un altro inutile martirio, e le Lotus tornarono in gara nella tappa di casa, a Donington, e nella tappa successiva corsa al Mugello, senza riuscire ad entrare mai in Top 10.
A quel punto la prima storica Stagione del FIA GT del 1997 stava volgendo al termine. Sul Calendario mancavano due gare: Sebring e Laguna Seca, entrambe sulla distanza di 3 Ore.
Per celebrare la trasferta americana, le Lotus che di americano avevano il motore, ovvero le ufficiali, che poi furono le uniche ad affrontare la spedizione Atlantica, vennero allestite con un motore Chevrolet V8 5.8 di origine Nascar. Sì, hai capito bene. Motori con blocco in ghisa al posto di quelli in alluminio. Un ultimo tentativo per risolvere almeno parte dei problemi di affidabilità.
Dato che si trattava di un propulsore molto più pesante, un vecchio V8 con 2 valvole per cilindro e 1 solo albero a camme, la Lotus potè ridurre i restrittori all’aspirazione imposti dal Regolamento tecnico e riuscì anche a tirare fuori qualche cavallo in più.
A Sebring la Elise numero 14 Lammers, Hezemans e Max Angelelli arrivò 13° a soli 4 giri dalla prima (la CLK GTR del team Mercedes AMG), mentre a Laguna Seca la stessa vettura riuscì nuovamente a concludere la gara, questa volta al nono posto. I piccoli progressi non bastarono: il Team Ufficiale concluse la Stagione senza punti, dato che gli unici 2 raccolti ad Helsinki arrivarono grazie alla vettura clienti. Quel Campionato andò invece a Bernd Schneider (Piloti) e Mercedes AMG (Costruttori).
Nell’Autunno del 1997 i vertici della Azienda misero una pietra tombale sul Progetto GT1: la macchina era lenta, aveva mille problemi e l’impegno costava una fucilata. La Elise GT1 era un taglia e cuci: la vasca del telaio era presa letteralmente dalla Elise stradale, attorno alla quale era stato costruito un tubolare di servizio.
Il motore era un Chevrolet che nulla aveva a che vedere con i motori della concorrenza, che erano ufficiali e costruiti appositamente per questo scopo.
Il motore che avevano in casa il V8 di origine Esprit, era leggermente più affidabile ma comunque più lento ed arrivato a fine sviluppo. Insomma, provare a combinare qualcosa di diverso sarebbe costato ancor di più e probabilmente avrebbe portato l’azienda alla bancarotta.
C’erano anche tantissimi problemi con la trasmissione, e nel corso dei vari weekend il cambio Hewland veniva rimosso e sostituito con quello di altri produttori, continui adattamenti, peraltro non ci sono neanche molte informazioni su quali cambi venissero provati, del resto la piccola Lotus arrancava nella penombra dello schieramento e non era oggetto di particolare interesse, la situazione era molto confusa.

A fine anno Lotus Cars abbandonò il Progetto, ma l’idea della Elise GT1 continuò ad attrarre strutture private per diversi anni. Va detto, abbastanza inspiegabilmente.
In particolare ci fu un pilota che non accettò il ritiro della Lotus. L’olandese Mike Hezemans era stato il driver ufficiale del GT1 Lotus Racing e volle continuare a correre con lei: portò il telaio di una GT1 dai tedeschi di Bitter Cars e nacque la Bitter GT1.
Al via del Campionato FIA GT1 1998 si presentarono due Bitter GT1 con motore V10 da 8 litri. Si trattava in sostanza di Lotus Elise GT1 con il motore della Viper GTS-R GT2. Come andò? Beh.

I risultati furono ancor meno confortanti, con doppio ritiro al round di Silverstone, e il Progetto venne cancellato all’alba delle Prove Libere di Hockenheimring.
Dopo qualche anno il britannico Team Elite decise di rispolverare la Elise GT1, annunciando di aver acquistato il telaio #05 e di volerlo schierare a Sebring (American Le Mans Series) e a Le Mans nel 2004 nella rivisitata veste di Prototipo ad abitacolo chiuso, ovvero classe LMP1.
Sfortunatamente la 12 Ore di Sebring della “rinata Elise GT1”, a 7 anni al debutto, durò 7 giri.
Tanto riuscì a resistere la trasmissione prima di spaccare. Con questo amaro e fallimentare debutto si concluse ogni Sogno di Gloria. Anche il team Elite dovette fare i conti con la realtà, niente Le Mans e basta gare per la più grande delle Elise.
A quasi 30 anni di distanza cosa resta?
Un mezzo tremendamente affascinante che l’Automobilismo britannico è riuscito a consegnare alla Storia.
Non è stato semplice mettere insieme i pezzi del puzzle, ma ci ho provato. Se escludiamo i telai acquistati da altri Costruttori ed impegnati con altri nomi, ci sono stati tre tipi di Lotus Elise GT1 per un totale di sette telai racing prodotti.
- Lotus Elise GT1 Chevrolet LT5.
La variante da Competizione usata dal Team Lotus Racing nel FIA GT 1997. Montava il motore derivato Corvette ZR1 6.0 V8 90° da 616 cavalli di potenza ed aspirazione naturale, montato centralmente e con trazione posteriore. Cambio Hewland sequenziale a 6 marce, successivamente cambiato gara per gara con cambi di altri produttori, ma non ci sono informazioni chiare a riguardo. Peso inferiore ai 1000 kg.
- Lotus Elise GT1 Lotus Type 918.
Il progetto originale, il primo Prototipo. Venne scelto dagli altri Team del FIA GT 1997 e montava il motore centrale V8 3.5 Twin Turbo proveniente dalla Lotus Esprit, trazione posteriore. Erogava 560 cavalli di potenza a 5400 giri e 726 Nm di coppia a 3600 giri grazie alla doppia Turbina Garrett T4. Cambio Hewland 6 rapporti sequenziale. Peso inferiore ai 1000 kg. La Elise GT1 del team GBF invece ha montato anche un V8 più piccolo, derivato dal motore 2.8, rivisto dalla Oral Engineering.
- Lotus Elise GT1 Road Car.
La Lotus Elise GT1 prodotta per l’utilizzo stradale al fine di rispondere all’omologazione FIA GT. Il numero di Elise GT1 Stradali prodotte in realtà non dovrebbe superare le dieci unità.
Montava il motore centrale Lotus 3.5 V8 Twin Turbo da 350 cavalli di potenza e 400 Nm di coppia, trazione posteriore e cambio 5 marce di origine Renault. Peso in ordine di marcia: 1050 kg. Raggiungeva i 320 km/h di velocità massima e scattava da 0 a 100 km/h in appena 3.8 secondi.
Per quanto riguarda i telai presi e modificati, ci sono state le due Bitter GT1. Una sicuramente è ancora in giro: nel 2021 ad Assen ha fatto un trackday con Hendricks Motorsport guidata da Loris Hezemans, Campione EURO NASCAR del 2019 e fratello di Mike Hezemans…
Comunque tenete presente che si tratta di vetture che hanno subito un processo di taglia e cuci già in origine, e che gara dopo gara sono state modificate, talvolta alla disperata, metteteci anche che sono passati 30 anni… probabilmente in giro ci saranno più soluzioni “ibride” che “factory”.
Per chi fosse interessato a fare shopping, vi dico che su racecarsdirect e classic driver c’è da qualche mese una Elise GT1 motorizzata Chevrolet ZR1, ex ufficiale, in vendita. Trattativa riservata!
Dieci anni fa ne avevo trovata un’altra in vendita ad un 350.000 euro, ora non ho idea di quale quotazione abbia raggiunto. Chiedete voi, io passo!