In questa puntata di IN FULL GEAR vi porto alla scoperta o, spero per voi, alla riscoperta di una motocicletta che ha fatto sognare almeno un paio di generazioni di giovani motociclisti, compreso il sottoscritto: la Cagiva MITO.
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VERSIONE TESTUALE-ARTICOLO DELLA PUNTATA.
LA STORIA DELLA CAGIVA MITO.
Oggi voglio parlarvi di un MITO, di una motocicletta che per me è stata un MITO, lo è stato per almeno un paio di generazioni, del resto MITO era il suo nome e non sto parlando dell’Alfa Romeo.
Sto parlando della motocicletta due tempi, sportiva, monocilindrica 125cc, che insieme alla Aprilia RS ha rappresentato l’ultima emanazione concettuale di questa categoria nel cuore, nella mente e nei desideri dei giovani motociclisti.
Per alcuni è stata la prima moto, per altri un anello di congiunzione fondamentale tra il cinquantino e le moto grosse, che per la mia generazione, quella nata nel 1990, sono state per forza di cose le 600 4 tempi, per chi scelse di mantenere i semimanubri al centro del proprio cuore. Per la generazione precedente c’erano invece le 250, sempre 2 tempi, ma anche le 350, insomma una scelta più veriegata ed eterogenea.
Per me per esempio è stata la prima moto che consideravo “vera”, da bambino ho avuto la possibilità di scorrazzare in sella alle moto da cross, facendo la trafila 50-80 (Malaguti e Suzuki), a 14 anni la mia prima moto da strada fu un HM CRE 50, Enduro ma non Competition, la mia aveva il miscelatore e poi, a 16 anni, il coronamento di un sogno, in quegli anni che sono sembrati durare 20 anni. Parliamo di 2-3 anni in cui se penso a quante cose ho fatto, abbiamo fatto, beh davvero… Alcuni le fanno in una vita così tante cose.
Ripenso ai miei 14-18 anni e non mi sorprendo dei problemi psichiatrici che affliggono l’attuale generazione che occupa quella forbice di età.
Perchè? Bene pensate a tutte le cose che avete vissuto in quel periodo, per la mia generazione dal patentino del 50, le scorribande con quei monocilindrici zanzarosi, le prime storie d’amore, la scuola con il parcheggio strapieno di scooter e moto, la patente A con la teoria della B già pronta, il 125, la patente B in 1 mese grazie alla A, la macchina. Libertà assoluta. Ricordo che a 16-17 anni facevamo il Penice andando ad incontrare culture differenti ovvero i nostri coetanei che valicavano il Passo lato Liguria, mentre noi arrivavamo dalla Lombardia. Altro che Erasmus!
Ecco, ora immaginatevi quel periodo cancellato da una modernità che sempre più ci disgusta e da due anni di Pandemia. Pazzesco ragazzi. Provo angoscia per loro.
A noi invece è andata meglio, certo siamo comunque in un periodo storico inadeguato alle nostre necessità, ma bene o male sappiamo campare.
E per me la libertà assoluta a 16, 17 e 18 anni era il MITO. Era la Cagiva MITO EV, o EVOLUTION, l’ultima 125 di Schiranna. Lombarda come me. Un Sogno. Sono cresciuto con il design di Massimo Tamburini negli occhi, e per me la piccola Rossa di Casa Cagiva rappresentava l’accesso alla famiglia 916-996, le incantevoli rosse di Borgo Panigale che avevano rivoluzionato il design motociclistico e che dominavano nel Mondiale Superbike.
Quindi, qui, bisogna fare un Rewind.
La serie Cagiva MITO nasce il 18 Maggio 1990. Il Costruttore Varesino, di proprietà della famiglia Castiglioni (Ca Gi Va è l’acroniomo di Castiglioni Giovanni Varese), manda in pensione la Cagiva Freccia, sportiva monocilindrica 125cc che era stata presentata nel 1987 ispirandosi al Design della Ducati Paso, la Paso fu la prima moto prodotta dalla Ducati a seguito dell’acquisizione del marchio bolognese da parte di Cagiva.

La realizzazione della moto fu affidata a Massimo Tamburini, ingegnere e designer che diventerà leggendario per il motociclismo italiano, ed era equipaggiata con il V4 90° Ducati Pantah, che nonostante fosse un motore concepito ormai negli anni ’70 e all’epoca poco affidabile, era il primo ed unico motore stradale desmodromico.
Tamburini rivestì la Paso con una carenatura integrale e sulla Cagiva Freccia questo design venne ripreso, adattato alle più ridotte dimensioni della Freccia logicamente, ma ecco qui la nostra prima “Ducatina” 125.
Nel 1990 dicevamo che la Freccia andò in pensione, un modello che era giunto alla denominazione C12R Cagiva rinominò la sua 125 “MITO”.
La nuova motocicletta raccoglieva in toto l’eredità della Freccia e il suo motore, rivisto e migliorato, ma sempre quello era, raffreddato a liquido e con l’iconico cambio a 7 rapporti.
Le Mito I e Mito II, questi i nomi dei modelli che si susseguirono tra il 1990 e il 1994, avevano una carenatura più moderna, ma ancora squadrata e fedele ai canoni del periodo, cerchi tre razze, con due bei fari tondi su cupolino. Tant’è che negli anni a seguire tra noi giovani saranno semplicemente definite “Mito Fari Tondi”.

A proposito di carene, la Mito I usciva in due versioni, carenata e Naked. La versione nuda della Mito I non aveva cupolino, carena e semicarena, era davvero nuda. E per diversi mesi fu l’unica Mito disponibile in quanto per problemi di produzione nella Fabbrica di Schiranna non arrivavano le carene: la Mito I convenzionale arriverà più tardi per questo motivo. Mancavano proprio i pezzi! Sono inghippi che purtroppo caratterizzeranno da sempre la storia del Gruppo MV Agusta Cagiva.

Cagiva in quel periodo correva nel Motomondiale, Classe 500GP, e sui suoi prototipi, e sulle tute dei suoi piloti, pubblicizzava la 125 stradale, tanto da realizzarne modelli replica, per esempio la Mito Eddie Lawson, dedicata al mitico pilota americano, quattro volte Campione del Mondo, che il 12 Luglio del 1992 ad Hungaroring vinse il GP D’UNGHERIA in sella alla C592 e regalò alla Cagiva la prima vittoria nel Motomondiale e il primo successo ad un costruttore europeo dopo 10 anni. La Mito II Replica dedicata a Lawson fu la prima ad introdurre il pistone monofascia di serie, e le prestazioni crebbero ancora.

La Cagiva Mito a inizio anni ’90 era il riferimento per il mercato italiano ed europeo nelle competizioni, questo grazie ai grandi investimenti che l’Azienda di Claudio Castiglioni stava facendo nella ottavo di litro di produzione, Campionati giovanili annessi, dove il modello era seguito con kit di preparazione ufficiali. Il progetto Mito era legato all’avventura di Cagiva nel Motomondiale, dove riusciva a vincere anche delle gare contro i colossi giapponesi, e i giovani di quell’epoca sognavano insieme a lei.
Ma nel 1994 arrivò la terze serie e cambiò tutto. Sembra incredibile detto oggi, dove siamo abituati al declino, ma cambiò tutto in meglio.

Sergio Robbiano, designer della Ducati 916, disegnò una nuova Mito, che prese il nome di Evolution e seguì un nuovo processo di miniaturizzazione ispirato a Borgo Panigale e sì, a quella Ducati 916 che ritengo una delle moto più belle di sempre insieme alla MV Agusta F4.
Il risultato fu un’altra Ducatina 125 a rivestire il telaio bitrave con tubolari estrusi che portò quella rivoluzione di design anche nella ottavo di litro con l’intervento del Centro Ricerche Cagiva e sotto la supervisione di Massimo Tamburini.

Fu una evoluzione sostanziale e sostanziosa, non solo estetica. La versione EV del 1994 manteneva il cambio a sette rapporti e il piccolo 125cc, alimentato da un carburatore TM 35, arrivava ad erogare 34 cavalli di potenza massima a circa 11.000 giri di rotazione.
L’accensione era elettronica, aveva forcelle a steli rovesciati Marzocchi da 40mm e ammortizzatore posteriore SACHS regolabile nel precarico, i freni erano della Brembo, con un anteriore a singolo disco che, anche lì, rimandava all’avantreno della Brembo Serie Oro della Ducati 916, ma con una sola pinza.
La terza serie, 1994-1999, fu la serie che secondo me produsse le livree più belle ed iconiche, tendenzialmente bicolore, mi viene in mente quella rossa e grigia, gialla e grigia, così via, incluse quelle con i riferimenti agli storici sponsor di Cagiva nelle Competizioni, come per esempio la Lucky Explorer replica.
Fu il modello che animò la parte centrale degli anni ’90 nelle competizioni, in quella Classe 125 Sport Production che formò decine di piloti che tra la metà degli anni ’80 e a metà degli anni ’90 saliranno alla ribalta internazionale. I Costruttori italiani si sfidavano e partendo dalle motociclette disponibili in concessionaria allestivano modelli speciali e pacchetti creati grazie alla mobilitazioni delle eccellenze italiane del settore, team, preparatori, tecnici e ingegneri del mondo 2 Tempi. : Aprilia, Cagiva, Gilera, Honda Italia e Yamaha Belgarda.
E i giovani piloti che salivano in sella a quelle motociclette si sfidavano in Circuiti dove oggi sembra impensabile poterle vedere. Sì, si correva anche all’Autodromo Nazionale di Monza.
Qualche nome? Valentino Rossi, che vinse la SP nel 1994 con la Cagiva, Max Biaggi corse la sua prima gara in Carriera già 18enne con una Honda NSR 125 SP nel 1989, vincendo con Aprilia nel 1990, Loris Capirossi, Stefano Perugini (Campione 1992), Davide Bulega (Campione 1989, papà di Nicolò), Roberto Locatelli (Campione 1993).

Con il KIT SP la Mito diventava qualcosa di veramente veloce per l’epoca, tenendo conto che era pur sempre un modello di derivazione stradale. Ricordiamo il kit accensione fornito da Ducati Energia che sostituiva la Kokusan di serie, la centralina Ducati Energia permetteva di inserire mappature pre programmate. I gruppi termici per regolamento dovevano essere originali, così come il Carburatore era limitato a 28mm, ma era possibile lavorare internamente il piccolo monocilindrico a livello di luci di scarico, e con un rapporto di compressione che poteva arrivare a 13.5:1, le potenze reali erano di circa 35 CV, per un peso minimo imposto di 115 kg.
Poi nel 1999 cambiò qualcosa di importante, arrivarono le normative anti inquinamento da rispettare (la Euro1) e i limiti di potenza imposti in Italia per le 125. Le prime Seven Speed depotenziate sono datate 1997 ma è alla fine del millennio che i cambiamenti diventano strutturali.
La Mito EV subì aggiornamenti che la privarono di alcuni elementi di fascino, ovvero il cambio a 7 rapporti, in luogo di un nuovo cambio a 6 marce, il Carburatore venne ridotto ad un Dellorto da 28mm e veniva depotenziata in origine a 15 cavalli.
Per fortuna questo depotenziamento consisteva in una strozzatura sul collettore di scarico, proprio in prossimità dell’uscita dal cilindro. Chi non voleva cambiare la “pancia” con una pensata per le alte prestazioni, mi viene in mente la Jollymoto, che fu il mio regalo nel Natale del 2007, ma con silenziatore in alluminio.
Quella con silenziatore in carbonio costava veramente una fucilata, vabè comunque togliendo lo strozzo con una bella martellata e cambiando i getti del carburatore Dellorto riecco la Mito con una potenza piena, anche se lontana dai 34 CV della EV del 1994, se non erro si era al limite con i 30 CV, forse qualcosa meno, questo mantenendo il Carburatore originale.
L’estetica rimaneva quella e sul Mercato arrivò anche la Cagiva Planet (1997), versione naked con meccanica e telaio Mito ispirata alla Ducati Monster, infatti entrambe le moto sono state disegnate da Miguel Galluzzi, che disegnerà anche la piccola Raptor 125 e le Raptor 650 e 1000 con motori Suzuki che affiancarono le MV Agusta Brutale nella produzione della Fabbrica.
La mia MITO arrivò nel 2007, avevo 16 anni, 17 da compiere ad Aprile. Ero entusiasta. Mi gasavo da matti a salutare i ragazzi più grandi con le 916, 996 e 998. Anche la strumentazione era ispirata alla 916, ed in sella alla fine vedevi quello, il quadro strumenti, il serbatoio ed il piccolo ammortizzatore di sterzo, eri in sella ad una Ducatina ed era tutto così fantastico.

Eravamo un bel gruppo in zona, riuniti da un Forum che avevo fondato, si chiamava BRIANZA SP, Brianza Sport Production, a ricordare la Categoria che nelle competizioni riuniva le 125 di produzione stradale
Il Gruppo contava centinaia di iscritti e facevamo motogiri per la Lombardia e non solo, appunto, addirittura arrivavamo al Penice ad incontrare altri costumi e culture, in grupponi di 20-30 125, c’era chi scannava e chi andava più tranquillo, ma comunque eravamo uno spettacolo e nel fiore dei nostri anni. Si usciva in tuta e si grattavano le saponette, il tutto in cervelli non ancora pienamente sviluppati, vi lascio immaginare.
Il passaggio naturale fu quello della pista, con le prime giornate di prove libere moto e delle “garette” organizzate dal Mito Club. Ben presto ci trovammo a girare per strada con le Pirelli Supercorsa SC2, ottime, e con carene di scorta prese sui vari forum che cambiavamo il giorno delle pistate. Alla fine con le Pirelli, tubi in treccia e pastiglie freno adeguate la moto nei pistini tipo Castelletto di Branduzzo o Lombardore andava benissimo.

Pensate che tra i nostri c’era anche uno che probabilmente conoscete, perchè è diventato iutiuber, Edo, ovvero Edoardo Mazzuoli, sì lui aveva la RS 125 ed era nel Brianza SP. Era palesemente il più bravo di tutti in pista, lo si era capito dalla prima giornata. Certo cascava anche spesso. Ciao Edo!

A proposito di cascare, in realtà questa mia liason con la Mito visse subito uno stop perchè due settimane dopo averla acquistata mi schiantai malamente contro il lunotto di un monovolume, non ricordo bene il perchè ma sfiorai anche il mio amico Bodo, che cadde senza farsi niente e che saluto, lui invece uomo Aprilia.
Io mi ruppi lo scafoide, bacino incrinato, sfondai il serbatoio con i coglioni (il serbatoio era in alluminio) e pestai la testa su un marciapiede. Non ebbi fortunatamente particolare danni, a parte 3 mesi di gesso.
La mina la tirai a Marzo e tolsi il gesso a Giugno, un incubo. 3 mesi infiniti. Un lockdown dell’anima per un ragazzo di 16-17 anni. All’epoca c’erano due cose, le ragazze e le motociclette ma soprattutto le motociclette.
Ricordo come fosse ieri il giorno in cui finalmente la lastra diede esito affermativo per la rimozione del gesso. Avevo un programma di riabilitazione, perchè il braccio sinistro era mezzo atrofizzato dopo 3 mesi immobile. Beh, chiaramente il pomeriggio tornai a casa e saltai in sella alla mia MITO, 80 km in giro per la Brianza, di questi 80 credo almeno la metà con il braccio sinistro appoggiato sul serbatoio. Altri tempi!
Beh, la mia generazione riuscì a vivere l’ultimo ruggito delle 125. Tra le sportive c’erano Aprilia e Cagiva, stop. Si vedeva ancora qualche NSR usatissima, c’era la Derbi GPR 125 ma che era un’altra cosa rispetto alle due italiane, ma di gran lunga migliore delle prime 4T che si vedevano, come la CBR 125, un cancellone abominevole.
Non c’era rivalità tra Aprilia e Cagiva, certo quando andavi in pista cercavi sempre di metterne una davanti all’altra, anche se da che ho memoria le ultime Aprilia, almeno di motore, avevano qualcosa in più rispetto alle ultime Cagiva, questo a parità di componenti ”stock”.
La Storia della Cagiva MITO Evolution durò tredici anni, fino al 2007, proprio l’anno in cui divenne mia. Ricordo che in quel 2007 venne proposta una edizione in serie limitata, una final edition diciamo, ”nero oro” con tabelle portanumero bianche, a me personalmente non è mai piaciuta, sarà che sognavo le Ducati Rosse, e poi mentre per le ”full red”, quelle tutte rosse, c’erano gustose promozioni, la nera-oro era la novità dell’anno e veniva venduta a prezzo pieno.

L’unica livrea per la quale avrei rinunciato al rosso era la Lucky Explorer, ma non veniva più prodotta da tempo.
Vado a memoria, 5200 euro il listino, 3900 euro quella Rossa, che mio papà mi regalò da Sacchi Moto, storico Concessionario di Milano, in via Tolstoi, che aveva una EV Rossa in pronta consegna e che trovai sapendo già usare benissimo internet.
Piccolo aneddoto, la Cagiva Raptor 1000 che ho acquistato un paio di mesi fa venne acquistata dal primo proprietario proprio da Sacchi Moto. E oggi Sacchi Moto non c’è più, mi sembra che dopo la scomparsa del fondatore il Concessionario abbia chiuso e la struttura sia stata addirittura demolita per fare spazio ad una palazzina residenziale.
L’ultimo decennio degli anni 2000 vedeva le vendite delle 125 a picco, un calo costante, il mercato delle moto in generale era in crisi, si iniziavano a vendere solo scooter e le normative anti inquinamento diventavano sempre più stringenti.
Il Gruppo MV Agusta decise di utilizzare definitivamente il marchio MV Agusta e mandare in pensione il marchio Cagiva proprio con la mia attuale Raptor 1000, ma non dopo una ultima versione di Mito.

Nel 2008 venne presentata la SP525, quinta serie del Mito, una versione completamente ricarenata con una estetica che rimandava alla C594 di John Kocinski, l’ultima Cagiva del Motomondiale. Aveva un carburatore elettronico Dellorto ECS ed era omologata Euro III. Si trattava della versione stradale della motocicletta che negli anni precedenti era stata presentata per correre l’ultimo monomarca 125 firmato Cagiva, il Trofeo del 2006.
Le carenature laterali e il serbatoio restavano quelle della Mito EV, cambiavano cupolino, codone, specchietti e, vabè le frecce, che erano più piccole e moderne, mentre la EV montava delle frecce veramente grosse, veramente anni ’90, che era tra le prime cose a saltare tra noi giovani scapestrati, insieme al portatarga inclinato. Il resto tutto uguale, solito telaio storico, solita ciclistica.

A me la SP525 non piaceva, vi dico la verità, trovo la linea della MITO EV quella perfetta, infatti simpaticamente l’avevamo soprannominata “maialino”, le due prese d’aria abbinate ai fari stradali non erano granchè… come il prototipo della prima Cagiva F4, la moto che farà da incubatrice alla futura MV Agusta F4.
Poi, si sa, i gusti sono gusti. A proposito di MV, una delle colorazioni della Mito SP525 era proprio la grigio-rossa in stile F4. Molto bella, quella.

Ormai l’epoca era finita, non so quante SP525 vennero vendute ma molte poche, e la produzione cessò ufficialmente pochi anni più tardi, sancendo definitivamente, in maniera inappellabile, sia l’epoca delle 125 2T, sia l’attività del marchio Cagiva.
Anche Aprilia nel 2014 dichiarò ufficialmente conclusa l’esperienza della RS 125 2T, introdotta nel 2006 con un nuovo design ispirato alla RSV1000 Restyling e poi alla RSV4.
Ma non si vendevano più queste motociclette, poco da dire. Pochi giovani eroi facevano questo tipo di scelta, e a quel punto era meglio attingere al mercato dell’usato. Un mercato che chiaramente oggi sta esplodendo da un punto di vista di costi.
Sono finiti da parecchio i tempi in cui su Subito.it si trovavano le Fari Tondi pronto pista a 500 euro e magari chiudevi a 400, così come quelli delle EV a 1000 euro scarsi. Qualche affare potrebbe trovarsi ancora, ma fuori dal circuito di internet e stando attenti ai telai radiati o peggio ancora, rubati. Oggi trovo Mito EV in vendita al prezzo ”nuovo” del 2007, se non a più. Cresceranno ancora?
Beh, di 125 in giro ce ne sono tanti, certo all’epoca facevamo anche molti incidenti e alcune finivano in pressa, ma non mancano di certo, così come i ricambi.
Che sia arrivato il momento di andare a caccia di una vera occasione e mettersi in garage un 125 2T italiano?
Beh, vedete voi, al solito non sono responsabile dei vostri financial mistakes!