Oggi dedichiamo il nostro speciale IFG History ad una motocicletta che ha contribuito a fare la storia del Motomondiale, Classe 500 Grand Prix, anche se all’ombra della vincente e gloriosa sorella.
Parliamo della Honda NSR 500 V2. La NSR 500 V2 era costruita da HRC, inizialmente portata al debutto dal team ufficiale ma successivamente destinata ai team privati. La squadra ufficiale correva invece con la NSR 500 V4.
Quella con cui, per intenderci, Mick Doohan costruì la propria epopea a metà anni ’90 e con la quale Valentino Rossi debuttò nella Classe Regina, vincendo il suo primo titolo iridato “Top Class” nel 2001.
Un prototipo che tra il 1984 ed il 2001 vinse 10 volte il Mondiale Piloti ed 11 volte il Mondiale Costruttori.
La differenza più grande tra le due moto risiedeva nel motore, sempre rigorosamente due tempi: la NSR 500 aveva un motore quattro cilindri a V, mentre la NSR 500 V2, pur mantenendo la stessa cilindrata, aveva un frazionamento dimezzato, come si può dedurre dal nome: era una bicilindrica.
Il motore della V2 utilizzava lo stesso sistema di aspirazione a valvola lamellare del motore V4, era alimentato da carburatori Keihin PJ 40mm ed il suo bicilindrico a V di 100 gradi utilizzava anche un unico albero motore, una caratteristica comune a tutte le moto da corsa GP della Honda dell’epoca.
La 500 V2 pagava circa 50 CV di potenza in meno rispetto alla sorella V4 (135 a 11000 rpm contro 185 a 12800 rpm), tuttavia aveva alcuni punti di forza che ne legittimavano la presenza in griglia, ovvero: meno peso, agilità e costi di acquisto e gestione molto inferiori per i team clienti.
La 500 V2 riusciva ad garantire una percorrenza di curva addirittura più rapida della 500 V4, a patto di avere pista libera ed uno stile di guida estremamente fluido e scorrevole.
Questo perchè in presenza di bagarre, quindi nelle condizioni tipiche di un Gran Premio, oppure in curve più spigolose, il V2 pagava il gap di potenza e coppia ed una minor accelerazione rispetto al V4, che al contrario poteva ripartire più velocemente nel momento in cui si rendeva necessario chiudere e riaprire il gas.
Anche se meno potente della V4, la V2 era più leggera in maniera decisamente significativa (oltre 20 kg), e per questo motivo inizialmente soffriva di impennamenti costanti in uscita dalle curve lente, tanto che i piloti preferivano usarla ad un regime di rotazione tra 6000 e 8000 rpm, ritenendo inutile andare oltre perchè la perdita di controllo nelle curve lente vanificava la messa a terra di tutta la potenza disponibile.
Parliamo di moto senza alcun controllo elettronico, del resto.
Honda lavorò comunque molto per ridurre questo fenomeno, adottando un forcellone più lungo di tipo monobraccio e spostando la posizione di guida più avanti rispetto alla V4, così da permettere al pilota di caricare più peso sull’avantreno e limitare l’impennamento.
Ciò la rendeva comunque una moto inizialmente molto più scorbutica e nervosa rispetto alla più consolidata e matura V4, che dominava le scene da oltre dieci anni.
Inizialmente, nel 1996, Honda schierò due moto completamente supportate dalla casa madre come parte del consolidato team Repsol, guidate da Tadayuki Okada e Shinichi Itoh. La moto fece subito un grande impatto, con Okada che ottenne la pole position alla sua prima gara nel 1996, in Malesia.
Okada portò la nuova moto al traguardo tra i primi cinque in sei occasioni, ottenendo il miglior risultato con un secondo posto nella gara finale in Australia.
Alla fine della stagione del Motomondiale, Honda inserì la V2 nella MFJ Grand Prix Superbike Race, una gara unica a Sugo che vedeva sfidarsi la maggior parte delle migliori squadre del Motomondiale ed organizzata direttamente la Federazione motociclistica nipponica. Okada vinse l’evento con la V2, superando i consolidati V4 della Honda, Suzuki e Yamaha.
Honda continuò a sviluppare la V2 durante l’inverno del 1996 e la schierò nuovamente come moto ufficiale nel 1997, questa volta con Takuma Aoki come pilota.
Già, Takuma, pilota veloce e sfortunato: nel 1998 durante una sessione privata sul Circuito di Suzuka fu vittima di un brutto incidente che lo lasciò paralizzato dalla vita in giù. Aveva solo 23 anni quando questo episodio sconvolse la sua vita.
Piccola curiosità, molto emozionante: nel 2019 è tornato in sella, coronando il suo sogno. Ha potuto farlo grazie ad una Honda CBR 1000RR opportunatamente adattata.
La moto si dimostrò competitiva, ottenendo sette piazzamenti nei primi cinque posti, con il miglior risultato ottenuto in Australia con un secondo posto.
A partire dal 1997 la V2 venne anche venduta a squadre private, tra cui il neo-costituito Gresini Racing Team con il pilota Alex Barros, che salì sul podio a Donington e chiuse la stagione al 9º posto, superando sei moto V4.
Va detto che la stessa HRC ritenne la V4, logicamente, la “winning machine”, dopo i due anni di sviluppo e corse schierando la V2 e la V4 con il proprio team ufficiale.
Per questo una volta verificata sul campo la maggiore competitività della propria moto regina, la destinò sostanzialmente ai clienti.
Tuttavia l’esperimento si rese necessario in quanto in quel periodo altri Costruttori proposero il V2, come per esempio Aprilia con la sua RSW-2 500: i giapponesi all’epoca non lasciavano nulla al caso e progettarono una moto concettualmente simile per farsi trovare pronti. Qualora il motore V2 avesse dovuto dimostrarsi una scelta vincente, in HRC avrebbe avuto già l’arma pronta. Altri tempi.
Nel corso del 1998 e 1999, Sete Gibernau, che sostituì l’infortunato Takuma Aoki, guidò la V2 ufficiale e salì sul podio in altre due occasioni.
Altre squadre private acquistarono anche le moto V2 e prima degli anni 2000 la NSR V2 divenne una valida opzione per i team privati che volevano competere nella categoria, dato che le NSR V2 erano moto acquistabili ad un prezzo accessibile rispetto alla concorrenza ed allo stesso tempo capaci di ottenere costantemente punti.
Nel 2000 Jurgen van den Goorbergh si rivelò il miglior pilota clienti in sella ad una NSR V2, mentre l’anno successivo fu Haruchika Aoki ad imporsi nella speciale classifica riservata ai piloti non supportati ufficialmente, sempre in sella alla bicilindrica giapponese.
Va detto che non stiamo parlando di una NSR V2 in tutto e per tutto, ma di una TSR Honda. Più precisamente la motocicletta era una TSR-Honda AC50M: il telaio era progettato dalla piccola azienda giapponese (la TSR), mentre il resto della componentistica, motore V2 incluso, era fornito dalla Honda.
Questo permetteva al team di Masakazu Fujii e Yoshinori Sako di prendere parte al Motomondiale godendo dello status di Costruttore.
L’introduzione delle regole che permettevano alle moto a quattro tempi di partecipare alla classe nel 2002 pose di fatto fine alla competitività della V2 a due tempi, nel momento in cui la stessa sorellona V4, più volte Campione del Mondo, venne resa obsoleta dalle nuove Regole varate per spingere i motori 1000cc 4T e dalla nuova RC211V.
La NSR V2 uscì di scena, e subito dopo anche la NSR V4, così come tutte le moto 500 GP 2T, venendo consegnate alla Storia.
Una Storia in cui un singolo Costruttore schierava addirittura due prototipi differenti all’interno dello stesso Campionato.