Bene, ho raggiunto Ayrton e ora non so più cosa volere dalla Formula 1. Questo il pensiero di Lewis Hamilton dopo il Terzo Mondiale. Uno stato di misticismo e appagamento che dovrà passare presto.
Il pilota conta ancora. Fa la differenza. Sia questa di un secondo, di un decimo o di un solo millesimo, poco importa.
Probabilmente il margine e la percentuale di successo che un driver è in grado di dare è molto più bassa rispetto al passato, per una vastità di motivi che vanno dalla complessità delle monoposto all’altissimo livello che ha raggiunto l’automobilismo professionistico.
Così come è impossibile vincere con una monoposto non all’altezza, come del resto è sempre stato.
È ciò che ha fatto quest’anno Lewis Hamilton, vincendo il secondo Mondiale consecutivo in maniera ancor più netta rispetto al 2014, pur essendo stato leggermente smorzato il dominio Mercedes.
Nonostante la velocità in Qualifica spesso superiore di Nico Rosberg. I GP sono stati un’altra Storia, dieci vittorie in 16 gare quando ne mancano tre alla fine. Il confronto tra i due è impietoso: Hamilton vince e la sensazione è che non possa accadere nulla di differente.
Per il britannico è il terzo titolo Mondiale F1. Tanti, perchè davanti a lui ci sono solo Michael Schumacher, Juan Manuel Fangio, Alain Prost e Sebastian Vettel. Proprio il ferrarista potrebbe essere uno stimolo e un tema per i prossimi Mondiali.
Sono i due piloti più vincenti degli ultimi dieci anni, sono ancora giovani e corrono su monoposto che sono le due più competitive del Circus. Il testa a testa è già nel vivo per numero di vittorie: Hamilton 43, Vettel 42, Senna 41.
Ma non sembra essere così. Le parole di Hamilton dopo la vittoria del GP Stati Uniti e il terzo sigillo iridato sono tanto belle quanto… strane. Forse mistiche. Perchè non è normale che un vincente, da poco 30enne, ritenga di essere oggi un pilota senza più obiettivi.
Perchè è quello che ha detto.
“Ho raggiunto Ayrton Senna, ho vinto tre Mondiali. Non c’è altro che vorrei emulare, non ho altri obiettivi“.
Sì, perchè se sono tre i piloti con più successi di Lewis nell’Albo d’Oro della Formula 1, gli altri che ieri ha raggiunto si chiamano Ayrton Senna, Nelson Piquet, Niki Lauda, Jackie Steward e Jack Brabham.
“Senna non era un pilota del mio Paese ma è lui che mi ha ispirato quando ero bambino, è lui che ho sempre tenuto in mente quando ho iniziato a correre sui Kart“.
Negli ultimi giri di Austin è arrivata la vittoria e quel Titolo che il pilota della Mercedes ha già marchiato come il più bello. Proprio per questo motivo.
“Era ciò che sognavo di riuscire a fare dal primo giorno in cui ho guidato una monoposto di Formula 1. Raggiungere Ayrton. Per me ora è difficile immaginare cosa possa fare di più e cosa altro volere dalla Formula 1“.
Il gap che c’è oggi tra Lewis e Nico è grande proprio perchè è piccolo. È costruito dalla determinazione e dal talento. Non che Nico non ne abbia, ma Lewis ne ha di più, quel tanto che basta per fare ciò che ha fatto in questi ultimi due anni.
Un vincente non si stanca mai di vincere. E non lo farà di certo a 30 anni, con un talento immenso, con la monoposto migliore tra le mani e in un Mondo che ama muovendosi con agilità invidiabile tra sport e glamour.
Per questo passata la sbornia e lo stato di legittimo misticismo nel quale è piombato, rivedremo un Lewis Hamilton ancora più determinato nella Griglia di Partenza del GP Australia 2016, la prima prova del prossimo Campionato. O forse già in Messico.