La Porsche 959 non è stata soltanto una esclusiva Coupè di fine anni novanta. Ha corso, è nata per quello ed ha trionfato anche lontano da casa, tra le dune della Dakar.
La Dakar 2015 è alle porte e, per scaldare gli animi in vista della maratona sudamericana, non c’è modo migliore che parlare un po’ della sua storia attraverso una delle auto più affascinanti che vi hanno preso parte: la Porsche 959 Dakar.
Il Rally Parigi Dakar nacque nel 1979 da un’idea di Thierry Sabine, già “inventore” nel ’75 dell’Enduro Del Touquet, pilota francese automobilistico che ha diviso la sua carriera tra rally e corse su asfalto; spicca una partecipazione alla 24 Ore di Le Mans del 1975, conclusa con una 17^ posizione assoluta al volante di una Porsche 911.
Nel corso della sua vita, la Dakar ha mutato spesso forma. Dalla prima edizione, nel 1979, a quella del 1991, il raid poteva effettivamente essere chiamato Parigi Dakar, in quanto prendeva il via dalla capitale francese per concludersi parecchi chilometri più tardi in quella del Senegal. Poi però, il percorso ha rispettato la tradizione solo altre tre volte, nel 1993, 1998 e 2001.
Le variazioni sono state innumerevoli. Si passa dalla Parigi – Città del Capo del 1992 alla Parigi – Dakar – Parigi del 1994, dalla Dakar – Agadez – Dakar del 1997 alle avventure in Sud America dei giorni nostri, dal 2009 ad oggi.
Con questo Speciale IFG History, però, non parleremo strettamente del leggendario rally raid. Ci occuperemo di uno dei mezzi che ha fatto breccia nel cuore dei malati d’Africa, che nonostante le due sole partecipazioni è entrato nella memoria del motorsport come una delle auto dakariane più iconiche di sempre.
La Porsche 959 Dakar.
Facciamo un salto indietro di oltre trent’anni. Era il 1982 e la FIA aveva appena stravolto i regolamenti condensando i Gruppi da 1 a 7 in tre sole categorie: Gruppo A, B e C. Il gruppo A riservato alle vetture di grande produzione; il gruppo B richiedeva l’omologazione di almeno duecento esemplari nell’arco di un anno ed era creato appositamente per i rally; il gruppo C era destinato alle auto nate per la pista.
Gli ingegneri di Stoccarda furono più che mai attratti dalla classe B, adottata per il Campionato del Mondo di Rally. La possibilità per Porsche di progettare una nuova auto e costruire duecento di esse in soli dodici mesi era però remota, quindi l’onere sportivo per il Gruppo B venne affidato alla 911 SC allestita secondo le nuove normative. Il focus principale fu diretto verso il gruppo C e la mitica 956.
Non passò molto tempo prima che le auto da rally Gruppo B iniziassero ad avere un successo ed una popolarità strepitosa tra gli appassionati di quattro ruote. Nel Campionato del Mondo si impegnarono in via ufficiale Audi, Lancia, Opel, più tardi Peugeot, Ford, MG. Nella primavera 1983 in Porsche venne presa di nuovo in considerazione l’idea di una nuova auto da produrre in serie limitata.
Il progetto prese il nome 959 e l’idea degli ingegneri tedeschi era la seguente: quattro ruote motrici, motore centrale, cambio PDK a doppia frizione. Si giunse ben presto a compromessi e vennero scartati il cambio PDK, a favore di un sistema manuale a sei marce, mentre il motore fu posizionato posteriormente, come vuole la tradizione Porsche.
Il lavoro si basò da subito sulla monoscocca della 911, ma i problemi vennero a galla avendo a che fare con qualcosa di assolutamente nuovo per Porsche: la trazione integrale. Diverse combinazioni di sistemi 4wd e sospensioni furono testati, ma ciò che ne uscì era all’avanguardia e anni luce più evoluto rispetto alla concorrenza.
La quantità di trazione diretta ad ogni assale era stabilita in tempo reale da un computer che agiva tramite una frizione PSK posizionata tra la scatola del cambio e il differenziale anteriore. L’unità prevedeva inoltre la possibilità da parte del pilota di scegliere tra quattro diversi setup della trasmissione in base alle esigenze, opzione sfruttata perlopiù in casi estremi tipo neve e ghiaccio.
Rispetto alla 911, sulla 959 il reparto sospensioni prevedeva sia all’anteriore che al posteriore doppi bracci oscillanti, adottati perché lavoravano meglio con lo schema a quattro ruote motrici. Lo chassis era dotato di quattro diversi punti di ancoraggio degli ammortizzatori, in modo tale da poter modificare l’altezza dell’auto secondo le necessità.
Per quanto riguarda il motore, come da filosofia Porsche la scelta ricadde sull’architettura boxer. Quindi unità a sei cilindri contrapposti, sovralimentata tramite due turbocompressori KKK.
La modalità di raffreddamento era inedita rispetto alle 911: testate a quattro valvole refrigerate a liquido, combinate con cilindri raffreddati ad aria. La cilindrata era di 2,8 litri e la potenza raggiunta dal mezzo stradale di circa 450 cavalli.
Dal punto di vista esterno, la 959 ricalcava fedelmente lo stile Porsche. I fari tondi, la linea dell’abitacolo avevano molto in comune con la 911, ma per la carrozzeria vennero sfruttati i materiali più avanzati dell’epoca. Leghe leggere e fibre composite permisero di mantenere il peso attorno ai 1.100 kg.
La prima Porsche AWD a partecipare alla Parigi Dakar, però, non fu una 959. Nel 1984 il reparto corse decise di schierare tre 911 SC equipaggiate con una versione semplificata del sistema a trazione integrale progettato per la 959. Questo fu solo un test, ma il risultato fu più che incoraggiante, con una delle auto che tagliò vincitrice il traguardo guidata da René Metge.
Il gennaio 1985 fu il grande momento. Tre Porsche 959 furono portate a Parigi. Ma non erano dotate del 2,8 litri bi-turbo. Per problemi di sviluppo che causarono ritardi irrecuperabili, a Stoccarda si videro costretti a posizionare dietro agli abitacoli le unità 3.200 cm³ aspirate da 232 cavalli che avevano equipaggiato le SC l’anno precedente.
Il risultato delle tre auto non fu di certo brillante. Ci vollero poche tappe per capire che le 959 non erano all’altezza della situazione. La mancanza di affidabilità fu insormontabile e nessuno degli equipaggi vide il Lago Rosa di Dakar.
Nel frattempo, i già citati problemi di sviluppo del motore avevano portato a numerosi rinvii della messa in produzione della vettura. In ritardo rispetto alla concorrenza, il piano di omologazione per il Gruppo B e il conseguente debutto nei rally perse importanza presso i vertici Porsche. Il nuovo obiettivo era costruire la supercar migliore di tutti i tempi. Ci sono riusciti? Chiedete cosa ne pensano in Ferrari…
Alla fine, l’auto definitiva fu presentata al Salone di Francoforte del 1985 e le consegne furono previste per l’autunno dell’anno successivo. Che lo scopo della 959 non fosse più competere nelle corse su strada era diventato evidente. La versione stradale era venduta con lussuosi interni di pelle, alzacristalli elettrici e aria condizionata.
Ad ogni modo, con l’avvicinarsi della Parigi Dakar 1986, in Porsche il lavoro fu fruttuoso e le auto iscritte montarono finalmente il boxer bi-turbo 2,8 litri. La potenza fu ridotta a circa 390 cavalli, per evitare rischi legati alla scarsa qualità dei carburanti reperibili in Africa. Gli equipaggi furono ancora tre: i piloti erano René Metge, vincitore due anni prima, Jacky Ickx e Roland Kussmaul.
Proprio questa ottava edizione del rally fu funestata dalla tragica morte dell’ideatore della stessa gara. Sabine fu vittima di un incidente in elicottero mentre era al seguito della corsa. Il raid comunque non si fermò e le tappe furono ventidue, per un totale di circa 23.000 chilometri.
Delle 282 auto partenti solo 100 tagliarono il traguardo. Tra queste c’era il team Rothmans Porsche al completo. Primo Metge, secondo Ickx, sesto Kussmaul, nonostante quest’ultimo fosse in corsa solo come auto di supporto. Un successo strepitoso per il gioiello di Stoccarda.
Quella del 1986 fu l‘ultima apparizione della 959 alla massacrante maratona africana. Come si suol dire, meglio lasciare da vincenti…
Non fu però la fine della carriera corsaiola della 959. Una versione gemella, per così dire, fu allestita per le competizioni in pista. Fu chiamata 961 e altro non era che una 959 profondamente modificata: allargata, dotata di una grossa ala posteriore e potenziata fino all’impressionante quota di 640 cavalli.
Con la sua partecipazione a Le Mans nel 1986 nella categoria IMSA GTX, fu la prima auto a quattro ruote motrici a competere nella celeberrima gara di endurance. Terminò con una consistente settima posizione assoluta, prima di classe, guidata ancora una volta da René Metge. La storia della 961 si concluse un anno più tardi, di nuovo a Le Mans, ma questa volta con un incidente dopo diciassette ore di gara.
Scheda tecnica Porsche 959 Dakar (fonte dati Ultimatecarpage.com)
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