Aprilia RS Cube, la Storia della prima volta di Noale in MotoGP.

Può uno dei progetti più audaci ad avveniristici di sempre chiudere la propria carriera sportiva senza vincere una mazza? Ma certo che sì. Aprilia RS Cube, la Storia della prima volta di Aprilia in MotoGP.

Innanzitutto è meglio capire come e con cosa Aprilia entrò nella Classe Regina, dopo aver spopolato nelle 125 e nelle quarto di litro. Il progetto che ha catapultato la casa veneta nelle 500 nel 1994 fu la Aprilia RSW-2 500, a cui capo vi era un certo Jan Witteveen. La moto era appunto una 500cc 2 tempi, bicilindrico a V di 90°.

La scelta del basso frazionamento era dovuta principalmente alle agevolazioni che il regolamento tecnico offriva, ovvero il minor peso minimo (110kg a secco, contro i 130kg delle 4 cilindri). Sebbene fossero avvantaggiate su questo profilo, a risentirne era la potenza, ovvero 140 cv a 11500 rpm per le bicilindriche contro i 200cv per le quadricilindriche. Nonostante una ciclistica di ottimo livello, la casa italiana non fu mai in grado di competere seriamente contro le rivali giapponesi.

Con questa premessa si arriva alla decisione di Aprilia di lasciare la Classe Regina una volta finita la stagione 2000, abbandonando definitivamente il progetto RSW-2 500.

In occasione del Motor Show di Bologna del Dicembre 2001 la casa di Noale tramite Ivano Beggio (l’allora presidente) e Jan Witteveen, svela il nuovo prototipo che dall’anno successivo avrebbe corso nella neonata MotoGP, una impresa che vedeva un giovane Ingegnere, Luigi Dall’Igna, nelle vesti di Project Leader. Il Papà delle Ducati Desmosedici moderne aveva 35 anni.

E’ bene ricordare che questo progetto venne varato dall’Aprilia di Ivano Beggio, figlio del fondatore Alberto Beggio, Aprilia S.p.A. era ancora una azienda di fatto un imprenditore, non una multinazionale e senza Gruppi industriali più grande alle spalle.

Le risorse erano inferiori rispetto alla concorrenza, non era possibile progettare e realizzare motori in proprio (Aprilia si affidava agli austriaci di Rotax per i modelli stradali), come Rotax era il motore della Aprilia RS125, come Suzuki era il motore della storica Aprilia RS 250.

Per questo era importante l’estro, la fantasia e soprattutto il supporto di fornitori esterni con il medesimo approccio, non standard, possibilmente fuori dal comune, in tutti i sensi, diciamo fuori dal mainstream motociclistico.

L'Aprilia RS Cube al debutto, con Regis Laconi (2002)
L’Aprilia RS Cube al debutto, con Regis Laconi (2002)

Nasce quindi in questo contesto la Aprilia RS Cube che sfruttando il nuovo regolamento della neonata Classe Regina, monta un motore tricilindrico in linea 990cc 4t, capace di erogare 240 cv in configurazione di gara mentre durante i test la potenza massima rilevata è stata di 260 cv, il tutto ad un regime rotatorio superiore ai 15000 rpm.

Molti si chiederanno il perchè di questo insolito frazionamento e la risposta è relativamente semplice. Uno dei motivi principali è il volersi differenziare dai rivali nipponici, un altro è dato dal fatto che il regolamento favoriva i frazionamenti “insoliti”, come il 3 e il 5 cilindri (quest’ultimo adottato da Honda, per esempio), i quali avevano un peso minimo minore da dover rispettare.

Vi faccio un recap: il Regolamento tecnico MotoGP varato per il 2002, primo anno di introduzione dei motori 4 tempi nella Top Class, imponeva un una cubatura massima di 990cc, ma non limitava il frazionamento. Ogni frazionamento era collocato in fasce di peso che la motocicletta avrebbe dovuto rispettare.

Questo sistema prevedeva un peso minimo di 135 kg per i motori con 3 cilindri o meno, questo vuol dire che tu avresti potuto produrre un motore anche monocilindrico o bicilindrico, per assurdo, ed eri libero di farlo anche di meno di 990cc, ma la moto non avrebbe dovuto pesare meno di 135 kg.

Se invece avessi voluto optare per un quattro o cinque cilindri, il peso minimo saliva a 145 kg. Avresti potuto fare anche un motore 6 cilindri, ma rispettando il peso minimo di 155 kg.

C’era una tabella peso differente per i motori a pistoni ovali, che comunque erano contemplati: a parità di cilindri rispetto ai pistoni tradizionali, 10kg in più di peso minimo.

Anche l’architettura era libera, potevi scegliere di disporre i cilindri come credevi. A V, boxer, in linea.

Alla fine, le scelte dei grandi costruttori furono queste: quattro cilindri in linea per Yamaha, Kawasaki e Suzuki, cinque cilindri a V per Honda, quattro cilindri a V per Ducati. L’anomalia su Aprilia che, appunto, optò per una architettura in linea ma con soli tre cilindri. Scelta che darà vita al particolare nome della motocicletta, il nome era RS al Cubo, RS alla terza insomma, reso poi RS Cube in inglese.

Concettualmente in veneto mantennero la filosofia della RSW-2 500, puntare su un frazionamento ridotto per sfruttare peso e agilità. Ma a livello motoristico la scelta fu veramente inedita e rivoluzionaria.

Per la realizzazione del propulsore Aprilia ha deciso di collaborare con l’inglese Cosworth, che ha fornito il know-how necessario allo sviluppo del motore progettato insieme a Jan Witteveen. Grazie alla cubatura di 330cc per cilindro, molto simile a quella dei V10 3.0L usati in Formula 1, è stato possibile risparmiare molto tempo sullo sviluppo e allo stesso tempo utilizzare tecnologie già testate in pista con elevati carichi di stress, come l’avanzatissimo richiamo pneumatico delle valvole (4 per ogni cilindro), derivato appunto dalle monoposto che corrono in F1.

Il motore 3 cilindri della Aprilia RS Cube (2003)
Il motore 3 cilindri della Aprilia RS Cube (2003)

Questa non era l’unica chicca tecnologica che impreziosiva il gioiello italiano, erano presenti infatti anche il traction control e uno dei primi ride-by-wire, ovvero un controllo elettronico dell’acceleratore, con la manopola del gas che non era collegava al corpo farfallato tramite un cavo fisico ma trasmetteva un impulso elettrico alla centralina attraverso un sensore. Il cambio era un 6 marce estraibile (sempre in presa), la frizione una multidisco a secco in fibra di carbonio e l’albero motore era controrotante.

Una delle sfide più grandi del team di Jan Witteven, l’ingegnere olandese classe 1947 che ha lavorato per 40 anni in Italia con Gilera, Cagiva e soprattutto Aprilia, seguendo evoluzione e trionfi del Reparto Corse di Noale nella 125 e 250, fu infatti quello di integrare l’acceleratore con la centralina.

L’acceleratore andava mappato, non essendo meccanico, per ridurre i lag e dare ai piloti la sensazione di avere nel polso destro un comando immediato, sensibile, preciso, in grado di abbattere una barriera anche psicologica e di fiducia.

Il Progetto, guardato con occhi più moderni, è stato da tanti Tecnici ritenuto troppo evoluto per l’epoca, in quanto il livello di elettronica applicato al motociclismo era, in quel periodo, non all’altezza del potenziale motoristico della “Cube”.

Considerate che la RC211V della HRC, con motore V5, il riferimento assoluto della prima fase storica della MotoGP, una motocicletta sviluppata dalla più grande Casa del Mondo, erogava nella sua prima evoluzione 220 CV (14.000 rpm) e nell’ultima del 2006, con tutti i controlli elettronici finalmente integrati, toccava i 250 CV.

La RS Cube buttava fuori 250 CV già nell’evoluzione 2003-2004 ed il motore rivisto per il 2005, che non ha mai corso, puntava a quota 260, con un regime di rotazione superiore ai 15.000 giri.

Il comparto telaistico vede come protagonista un telaio doppia trave inclinata in alluminio, mentre la ciclistica era derivata da quella della RSW-2 500 ovvero forcella da 42mm a steli rovesciati Ohlins all’anteriore e ammortizzatore Ohlins al posteriore, il tutto completamente regolabile.

Il comparto freni è composto da una coppia di dischi da 290/320mm di diametro abbinate a pinze Brembo a 4 pistoncini per l’anteriore, mentre il posteriore prevede un disco singolo dal diametro di 218mm abbinato ad una pinza Brembo a 2 pistoncini.

Il progetto era ancora piuttosto acerbo, fatto confermato dai risultati purtroppo negativi che raccoglierà. Al debutto, nella stagione 2002, Aprilia decise di affidare la sua unica moto al francese Regis Laconi che all’esordio in Giappone chiuse con un buon ottavo piazzamento. La RS Cube era gommata Dunlop e la stagione venne vista come sperimentale, in attesa di lanciare il progetto definitivamente l’anno successivo.

Questo risultato venne eguagliato solo al Mugello e questi due risultati, sfortunatamente, furono le uniche note positive in una stagione piuttosto deludente, essendo la moto afflitta da pesanti problemi legati alla ciclistica che tendeva a rendere la moto molto reattiva ma imprevedibile, con un avantreno che si scomponeva spesso e che faticava a tenere la corda.

Il Motomondiale 2002 si concluse sotto al dominio di Valentino Rossi e di HRC: il primo titolo della Classe Regina, passata alla 4T in un Campionato in cui ancora si vedeva qualche 500GP, andò al pilota con il numero 46 sul cupolino e alla RC211V, moto capace di vincere 14 delle 16 gare corse quell’anno, 11 delle quali con Rossi, 1 con Ukawa, suo compagno di squadra, e 2 con Alex Barros, che vinse le ultime due gare una volta che al brasiliano e al team Pons venne consegnata la RC211V in luogo della NSR 500 con la quale corse gran parte del Campionato.

Gli unici due successi non-Honda furono di Max Biaggi, vincitore in Repubblica Ceca e in Malesia in sella alla prima Yamaha YZR-M1.

Per la stagione successiva, grazie ai grandi finanziamenti ottenuti con lo sponsor Alice, Aprilia stravolse la moto andando a modificare più di 200 elementi, primo fra tutti il telaio, ora dotato di un nuovo disegno e una geometria inedita. La potenza del motore venne di poco incrementata e la moto snellita da qualche kg di troppo.

La stagione partì con due nuovi piloti ai semimanubri, ovvero Colin Edwards e Noriyuki Haga. Mica pilotini, insomma. L’obiettivo era chiaro, ovvero ottenere risultati di spicco e stare in mezzo ai grandi, anche a fronte degli importanti sforzi economici richiesti.

La RS Cube nuda
La RS Cube nuda (2003).

La stagione 2003 iniziò con un ottimo sesto posto di Edwards a Suzuka (miglior piazzamento stagionale, ndr), ma evidentemente a Noale non erano ancora riusciti a trovare la quadra. La moto tornò ben presto a presentare i soliti problemi che l’avevano afflitta la stagione precedente, pur cambiando fornitore di pneumatici da Dunlop a Michelin.

I piloti della squadra italiana, infatti, si ritrovarono spesso a lottare per le posizioni di metà classifica. Questo quando andava bene. Frequenti furono le cadute (28 in totale per i due piloti), mentre resta chiara nella mente degli appassionati l’immagine di Edwards in sella alla RS Cube, entrambi avvolti dalle fiamme al Sachsenring.

Il tappo del serbatoio si staccò e il carburante finì sui collettori del tre cilindri Cosworth, innescando immediatamente un incendio ed avvolgendo Colin in una palla di fuoco. Dovette lanciarsi dalla moto in corsa, a circa 150 km/h, per evitare ustioni.

Sembra non fu un problema tecnico, nel senso, il tappo si staccò a causa di un fissaggio maldestro da parte di un tecnico Aprilia, così sembra. Ma certamente non un bello spettacolo per una moto che comunque aveva problemi qua e là.

Il titolo 2003 andò ancora una volta a Valentino Rossi (Honda HRC), la Casa di Tokyo vinse tutti i Gran Premi in programma ad eccezione del GP di Catalunya del 15 Giugno 2003, dove a trionfare fu la nuova Ducati GP3, debuttante, con Loris Capirossi. A riguardo, andatevi a recuperare l’Episodio 10 del Podcast di IN FULL GEAR.

Aprilia arrivò quarta nel Costruttori con 81 punti, che dovete dimensionare ai 395 punti di Honda, ai 225 di Ducati, ai 175 di Yamaha. Precedendo comunque Suzuki e Kawasaki, due Costruttori in assoluta difficoltà con la nuova Classe.

Il piccolo problemino di Edwards a Imola (2003)
Il piccolo problemino di Edwards in Germania (2003).

Nonostante la stagione deludente Aprilia decise di riprovarci un’altra volta nella stagione 2004 con la RS Cube marchiata MS. I nuovi piloti designati dalla casa di Noale, Jeremy McWilliams e Shane Byrne, non riuscirono purtroppo a migliorare la situazione, riuscendo perfino a peggiorarla. Del resto parliamo di una moto che faticava con Haga, talento irregolare ma cristallino, ed Edwards, due volte Campione del Mondo Superbike e nel fiore dei suoi anni.

Nori quell’anno scelse di tornare in Superbike, questa volta in sella ad una Ducati 999 RS clienti del team Renegade con la quale vinse molte gare e riuscì a lottare per il titolo (andato all’ufficiale James Toseland), mentre Colin preferì accasarsi nel team Gresini, in sella proprio alla Honda RC211V, sempre clienti, cogliendo due Podi in MotoGP.

Eppure nel 2004 Aprilia dovette fare meno dei servigi di questi due ottimi piloti, e già quello fu un segnale.

Mettiamoci anche che il 2004 fu l’anno del passaggio di Rossi in Yamaha, la YZR-M1 cominciò a funzionare per bene, Valentino vinse il titolo Piloti, la Honda il Costruttori, e i due giapponesi si spartirono le gare. O Honda, o Yamaha.

Il miglior piazzamento della moto italiana è stata una decima posizione in Italia, ottenuta grazie a Byrne, che in quel di Brno incappò in un infortunio cedendo i manubri a Michel Fabrizio per le gare successive. Anche il pilota italiano non ebbe sorte migliore, costretto al ritiro in Portogallo dove si infortunò, mentre per le ultime gare venne chiamato a sostituirlo Gary McCoy.

Aprilia, che realizzerà meno della metà dei punti del 2003, di fatto concluse all’ultimo posto nel Costruttori, visto che riuscì a precedere solo piccole realtà, un po’ raffazzonate, come la Proton, la Harris WCM e la Moriwaki che prese parte a pochi GP.

La bellissia RS Cube marchiata MS (2004).
La bellissima RS Cube marchiata MS (2004).

Al termine della stagione 2004, la casa madre Piaggio, attraverso il suo amministratore delegato Rocco Sabelli, mentre si discuteva della stagione successiva annuncia L’Aprilia conferma l’impegno nelle classi 125 e 250, ma stiamo seriamente valutando di non essere più presenti nella MotoGP perché antieconomica e poco redditizia”.

Con queste pesanti parole si è chiusa l’avventura di Aprilia in nella Classe Regina, lasciando nel cuore dei suoi tifosi un grande vuoto per oltre dieci anni.

Fu una chiusura scioccante per il Reparto Corse, il Gruppo Piaggio aveva completato l’acquisizione dell’Azienda da Ivano Beggio proprio nel corso del 2004, e la RS Cube 2005 era già pronta.

A fine Novembre 2004 a Jerez de la Frontera la squadra aveva proseguito i lavori con il nuovo prototipo, che aveva importanti novità anche a livello di motore, in Spagna c’erano Shane Byrne e Jeremy McWilliams oltre al tester Marcellino Lucchi. I piloti erano entusiasti, Byrne aveva sensazioni positive, anche se prese 1 secondo e mezzo da McWilliams perchè ancora mezzo demolito a causa di una frattura alla mano patita nel corso del 2004 e da una serie di infortuni che lo avevo tenuto lontano dal paddock quella stagione. Si era detto convinto che i Test successivi avrebbe potuto provare un time attack. Magna tranquillo. La Aprilia RS Cube non arrivò al Panettone.

Però credo sia pretestuoso parlare di una moto finalmente vincente che è stata cancellata dalla malvagia Piaggio.

La RS Cube comunque partiva indietro rispetto agli altri e la line up, con tutto il rispetto, era quello che era. Byrne e McWilliams erano buoni piloti ma non erano certo dei fulmini di guerra per la MotoGP e contro lo strapotere Honda e Yamaha (HRC era HRC, e Valentino Rossi l’anno prima era passato in Yamaha, portandosi dietro fior di tecnici e facendo risorgere anche una M1 che fino a quel momento era un cancello), nel 2005 faticherà anche Ducati, pur vincendo un paio di gare.

McWilliams, classe 1964, aveva 40 anni, era un pilota a fine corsa, infatti concluso il 2004  di fatto si ritirò dal professionismo, pur facendo sporadiche gare qua e là, e va citata assolutamente la wild card in Moto2 disputata nel 2014 a Silverstone. Sì, aveva 50 anni. Diciamo che arrivò al traguardo.

Shane Byrne, classe 1976, veniva dal BSB, il Campionato britannico Superbike (che nel corso della sua Carriera vincerà 6 volte), ma fino a quel momento non aveva esperienza con i prototipi e nemmeno a livello iridato, ad esclusione di una clamorosa doppietta nel 2003 a Brands Hatch, quando da wild card vinse entrambe le gare al debutto nella Serie in sella ad una Ducati 998 di Paul Bird Motorsport. Ma erano altri tempi, quelli in cui le wild card conoscevano a memoria le piste locali e sì, arrivavano, vincevano e se ne andavano.

Quel Campionato venne vinto dal Rossi probabilmente più in forma di sempre, vincitore di 11 Gran Premi con 147 punti di vantaggio su Marco Melandri, vincitore delle ultime due gare e migliore degli altri in sella alla Honda di Gresini, davanti pure al futuro Campione Nicky Hayden, terzo con la HRC.

Insomma, portarla davanti c’era bisogno di altro, ovvero di offrire contratti ad almeno un top rider, ma non c’era il budget e la moto non era attrattiva. Sapete, erano tempi in cui il pilota faceva molta più differenza rispetto ad oggi, non bastava concentrare gli sforzi sulla solo motocicletta.

Il Gruppo Piaggio ricollocò gran parte del team che aveva sviluppato la RS Cube, Gigi Dall’Igna incluso, su di un nuovo progetto. La Aprilia RSV4, la nuova Superbike con motore V4 che avrebbe dovuto segnare il ritorno di Aprilia nel Mondiale delle Derivate dalla Serie con un progetto tutto nuovo ed un motore finalmente realizzato internamente.

Per quanto riguarda la RSV4, andate a recuperarvi l’episodio Aprilia-Alitalia, decollo e schianto, si tratta dell’Episodio numero 7 del Podcast di IN FULL GEAR.

Il Gruppo di lavoro, cementato dai capitali di Piaggio e da nuovi inserimenti, diede alla luce una delle Superbike più belle e veloci di sempre.

E un motore, il V4 Aprilia, che permetterà alla Casa veneta di riassaporare la moto in maniera ufficiosa attraverso la ART, sigla che stava, sempre ufficiosamente, per Aprilia Racing Team, ma senza voler spendere direttamente il proprio nome.

La ART fu una squadra che a partire dal 2012 tornerà nel Motomondiale sfruttando la nuova sub-classe CRT, una categoria di moto con telai prototipi e motori derivati dalla serie pensata dalla Dorna per rimpolpare una griglia che continuava a perdere pezzi e che creava danni di immagini soprattutto a livello televisivo, visto che di MotoGP ne erano rimaste 12 in griglia di partenza.

La ART arrivò in MotoGP nel 2012 con la ART GP12, mezzo prototipo fornito a squadre Clienti. Pensate che tra i piloti ART c’era Aleix Espargaro, all’epoca con il team ASPAR.

Nel 2014 il pilota di punta del progetto ART fu Danilo Petrucci, che da qualche anno correva con il team IodaRacing Project, squadra che quell’anno ebbe in dote questa Aprilia mascherata.

Magari un giorno parleremo di questa parentesi CRT in MotoGP, fatto sta che Aprilia colse l’opportunità per rientrare a piccoli passi nel Motomondiale fornendo queste motociclette a basso costo alle piccole squadre mentre, nel frattempo, usciva dal Mondiale Superbike per dedicarsi al nuovo Progetto MotoGP sotto la guida del nuovo riferimento del Reparto Corse, Romano Albesiano, l’uomo che raccolse l’eredità di Gigi Dall’Igna, passato a Ducati MotoGP nel 2013.

Un progetto che sarà varato nel 2015 con le Aprilia RS-GP, prototipi nuovi di pacca, con motore V4, finalmente Factory e schierate con la struttura del Gresini Racing che assumerà il ruolo di squadra ufficiale di Noale per diversi anni.

11 anni dopo la RS-Cube, una esperienza che tuttora prosegue con le insegne dell’Aprilia Racing Team e che vede tra le sue fila quell’Aleix Espargaro che a distanza di dieci anni da quella parentesi CRT ART è un pilota ufficiale Aprilia.

Non è stato un percorso semplice, quello della Aprilia. Dal 2015 al 2023, ci sono voluti 8 anni per ottenere la prima vittoria in MotoGP, non solo la prima vittoria della RS-GP, ma la prima vittoria in assoluto di Aprilia nella Top Class del Motomondiale.

Gran Premio motociclistico di Gran Bretagna 2023, 6 Agosto 2023, Silverstone, proprio Aleix Espargaro a trionfare per la prima volta in Carriera davanti alla Ducati GP23 di Pecco Bagnaia e alla KTM RC16 di Brad Binder. Successo che Aleix ripeterà poche settimane più tardi a Barcellona nel GP di Catalunya, vincendo sia il Gran Premio di domenica, sia la Sprint Race di Sabato. Giornata storica quel 3 Settembre 2023, perchè Aprilia, con il secondo posto di Maverick Vinales, ottiene la prima doppietta in MotoGP.

Pensate che la stupenda, avveniristica RS Cube, nei suoi tre anni di impiego aveva lasciato nei referti ufficiali della MotoGP un solo segno, un appunto, un dettaglio se vogliamo. Il Giro veloce di Nori Haga nel GP di Francia del 25 Maggio 2003, 1’36.688, Nori Haga, Aprilia RS Cube, Alice Aprilia Racing.

Il giapponese fu ottavo al traguardo a 36 secondi dal vincitore Sete Gibernau (Honda RC211V del team Gresini, motore V5, livrea Telefonica Movistar), che riuscì a battere la Honda HRC di Valentino Rossi e la Yamaha YZR-M1 di Alex Barros.

Si tratta di motociclette che vincevano e che relegavano la Aprilia in posizione di rincalzo. Si tratta di moto che dieci anni più tardi vinceranno ancora, utilizzando i concetti che Aprilia aveva anticipato, un decennio prima, su di una moto che veniva battuta da soluzioni all’epoca convenzionali.

Soluzioni che dieci anni più tardi vennero evidentemente messe a punto, affinate, rese funzionali dalla poderosa evoluzione dell’elettronica e dalla raggiunta complessità delle ECU e dei software che governavano le MotoGP moderne dieci anni dopo la loro introduzione.

Questo fu il punto più alto da un punto di vista di statistica, risultato puro, di una moto semplicemente troppo avanti per la sua epoca.

Scheda Tecnica Aprilia RS Cube MotoGP 2002-2004. (Source: Wikipedia.org)

Dimensioni e pesi
Ingombri(lungh.×largh.×alt.) 2.030 × ? × ? mm
Interasse: 1.410 mm Massa a vuoto: 135 kg Serbatoio: 24 litri
Meccanica
Tipo motore: Tricilindrico a 4 tempi in linea frontemarcia Raffreddamento: a liquido
Cilindrata 990 cm³
Distribuzione: 4 valvole per cilindro a richiamo pneumatico Alimentazione: sistema iniezione Aprilia, controllo acceleratore ride-by-wire
Potenza: oltre 220 cv a oltre 15.000 rpm Coppia: Rapporto di compressione: 14:1
Frizione: multidisco a secco Cambio: sequenziale estraibile a 6 marce (sempre in presa)
Accensione elettronico digitale Aprilia
Trasmissione a catena
Avviamento a spinta
Ciclistica
Telaio doppia trave inclinata, in alluminio
Sospensioni Anteriore: forcella Ohlins a steli rovesciati da 42mm completamente regolabile “Öhlins” / Posteriore: ammortizzatore completamente regolabile “Öhlins”
Freni Anteriore: doppio disco in carbonio da 290/320 mm con pinza Brembo da 4 pistoncini di diametro differenziato / Posteriore: disco singolo da 218 mm con pinza Brembo da 2 pistoncini
Pneumatici anteriore da 16,5″/17″; posteriore da 16,5″ su cerchi in magnesio o carbonio

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