Honda NR, New Road e New Racing: la Storia dagli anni ’60 ai Pistoni Ovali

La Honda NR750 è una delle moto più pazze, particolari, ricercate ad apprezzate della Storia del Motociclismo stradale.

Ma per comprendere questo Progetto bisogna andare indietro di tanti, tantissimi anni. Dall’approdo di Honda nelle Competizioni fino all’arrivo dei motori con Pistoni Ovali. Quindi…

Motomondiale anni ’60. Nella massima categoria Honda domina indiscussa con il suo motore a quattro tempi. L’allora in fase di evoluzione motore due tempi inizia lentamente a prendere il sopravvento e la casa di Tokyo sotto il comando di Soichiro Honda, fondatore del marchio, deve correre ai ripari per contrastare la concorrenza, volendo restare fedeli al loro amato quattro tempi.

Vincolati dal limite della cilindrata massima ammissibile, l’unica via per aumentare la potenza specifica era aumentare il frazionamento dell’unità motore. Qui la Honda iniziò a sbizzarrirsi: nacquero infatti la Honda RC166 (250cc, 6 cilindri in linea), la RC148 e 149 (125cc, 5 cilindri in linea) e le RC dal numero 110 al 116 (50cc, bicilindriche in linea). Naturalmente dietro la realizzazione di questi mezzi vi erano costi di ricerca e sviluppo incredibili.

A causa degli evidenti insuccessi la Honda decide di ritirarsi alla fine della stagione 1967, complice anche una non troppo felice situazione economica in Giappone. Sul finire del decennio, con la motivazione dell’abbattimento dei costi, la FIM impone un limite al frazionamento fissando un massimo di 4 cilindri per le 350 e le 500 e di 2 cilindri per le 125 e le 250.

Nel Novembre del 1977 Honda annuncia di voler rientrare nel Motomondiale a partire dal 1979, utilizzando sempre un motore quattro tempi, tradizione della casa. Nacque così la Honda New Racing (o New Road) ovvero il reparto di ricerca e sviluppo il cui obbiettivo era, appunto, costruire una motocicletta 4 tempi capace di competere con le allora avanzate 2 tempi, per riportare la casa ai massimi livelli del passato.

L’unica strada percorribile per ottenere più potenza da un 4 tempi, fermo restando cilindrata e frazionamento massimo, era l’incremento del regime di rotazione massimo. Una buona base di partenza per raggiungere questo obbiettivo era l‘aumento del numero di valvole per ogni cilindro. Ma come?!

Ispirandosi in parte al motore otto cilindri della Moto Guzzi, Honda NR realizzò un motore 500cc, quadricilindrico a V, ma con pistoni e cilindri ovali, dotato di una coppia di bielle per ogni pistone, 8 valvole e due candele per cilindro. Questo ha permesso di ottenere un ottimale sfruttamento della camera di combustione, minori vibrazioni e minori sollecitazioni sull’albero motore. Un progetto senz’altro azzardato per l’epoca.

Lo sviluppo del progetto e la realizzazione materiale della moto obbligarono Honda a rientrare nel mondiale solo all’undicesima gara del 1979, il 12 Agosto a Silverstone, con la nuova NR500.

La prima Honda NR500, 1979
La prima Honda NR500, 1979

Il motore siglato 0X, era un quattro cilindri a V, con angolo fra le bancate di 100°, capace di raggiungere i 100 CV a 16000 rpm. Per ridurre il peso il telaio era un esile monoscocca in alluminio, la cui rigidità era fornita in parte dal motore stesso. Il peso del telaio nudo si assestava intorno ai 5 kg, mentre i radiatori del circuito di raffreddamento erano posti sui fianchi della moto, aiutando così a ridurre il passo. Ciclisticamente vennero addottati cerchi da 16″, mentre la forcella anteriore era una innovativa, per l’epoca, upside-down.

Sfortunatamente la gara di debutto non andò affatto nel modo sperato da Honda. Anzi, fu un completo disastro.

Dopo una dura lotta per riuscire a qualificarsi (ok, la NR500 era un progetto ancora acerbo), alla prima curva dopo il via Mick Grant cadde a causa di una perdita di olio dal proprio motore, mentre il suo compagno di squadra Takazumi Katayama dovette ritirarsi dopo pochi giri a causa di problemi tecnici. Un brutto inizio, insomma. Stessa sorte capitò ai GP successivi, come quello di Francia, dove nessuna delle due moto riusci a qualificarsi per la gara.

Il reparto NR Block non si lasciò scoraggiare e continuò lo sviluppo della moto, abbandonando anche le allora finezze tecnologiche (forcella a steli rovesciati, telaio monoscocca in alluminio, ecc). Riuscirono a rendere, infine, la moto più “guidabile”, meno brusca in accelerazione e tramite nuove fusioni per il blocco motore riuscirono a diminuire il peso dello stesso, ancora molto lontano dai nudi e crudi due tempi.

Honda NR500, 1983
La Honda NR500 impiegata nella stagione 1983

Il culmine dello sviluppo del motore a pistoni ovali si ebbe nell’83 quando vide la luce il motore siglato 3X, capace di erogare 130 CV @ 19500 rpm.

Precedentemente l‘NR Block iniziò lo sviluppo parallelo di quella che sarebbe stata la loro scelta per la stagione 1982, la NS500, affidata a Freddie Spencer, Takazumi Katayama e Marco Lucchinelli. Dotata di un motore due tempi dalla cubatura di 500cc, in configurazione 3 cilindri a V, la moto diede subito ottimi risultati, al contrario della sua “sorella” NR500 pilotata da Ron Haslam.

Questo pose fine alla carriera della Honda NR500 nella massima categoria, moto che non è riuscita a vincere neppure una gara nel Motomondiale, nonostante Spencer ci fosse andato molto vicino nel 1981 (NR500 2X) a Laguna Seca, dove primeggiò su tutti salvo poi ritirarsi per problemi all’inaffidabile motore. Una unica affermazione a livello mondiale per la moto dotata di pistoni ovali, quando nel 1981 Kengo Kiyama vinse la 500 km di Suzuka in sella alla sua Honda NR500 2X.

Nel 1987 sempre grazie all’NR Block nacque la Honda NR750, moto impegnata alla 24 Ore di Le Mans motociclistica. Dotata del classico layout a pistoni ovali vantava una maggiorazione di 250cc e un diverso angolo fra le bancate, portato ora a 85°. Questo le garantì una potenza di 155 Cv @15250 rpm, che unitamente al peso sceso sui 155 kg, permise alla moto di qualificarsi con il secondo tempo. La moto si rivelò molto competitiva in gara, ma la ancora scarsa affidabilità compromise il risultato, costringendola al ritiro poco dopo le tre ore di gara per noie meccaniche. Campbell, pilota che si cimentò in questa gara, riuscì infine a portare la Honda NR750 sul gradino più alto del podio a Calder Park, in una gara del campionato australiano. Questo fu l’ultimo canto del cigno per la moto nipponica.

Honda NR750
Honda NR750

Nonostante l’assenza di importanti vittorie a livello mondiale, Honda nel 1992 decise di produrre la RC40, serie limitata a 322 esemplari e stradale della NR750. Il motore differiva per l’angolo fra le bancate (ora 90°) e l’adozione dell’iniezione elettronica, arrivando ad esprimere 125 Cv @ 14000 rpm. Altre finezze andavano ad impreziosire questa limited edition, ovvero i cerchi in magnesio, il telaio a doppio tubolare di alluminio unito, la forcella a steli rovesciati pluriregolabile e l’air box in pressione. Tutte queste chicche ovviamente si pagavano care e il prezzo di listino era di circa 100 milioni di Lire, una somma senz’altro proibitiva.

Honda NR (RC40)
Honda NR (RC40)

Con una Honda NR750 (RC40) completamente di serie, Loris Capirossi nel 1993 si cimentò in una impresa che gli valse allora diversi record di velocità come il km da fermo, con velocità di uscita di 299,825 km/h, e i 10 km da fermo, alla media di 283,551 km/h, fatti registrare sull’anello ad alta velocità di Nardò in provincia di Lecce.

Nonostante quest’ultima fosse un mero esercizio di stile per la casa nipponica resta il fatto che queste moto, e in particolare il loro motore, abbiano appassionato intere generazioni e trovino estimatori anche fra i giovani di oggi, quasi 50 anni dopo la loro prima apparizione.

Commenti

commenti