Sotto al diluvio del Moscow Raceway nessuno può ricostruire la dinamica che ha portato all’incidente costato alla vita ad Andrea Antonelli, se non i piloti stessi.
La carambola, avvenuta nel corso del primo giro della gara della Supersport, è partita da un tamponamento tra Massimo Roccoli e lo sfortunato pilota umbro del Team Goeleven: la Kawasaki numero 8 ha colpito la Honda CBR600RR del Team Pata by Martini, finendo a terra insieme al suo alfiere, con Roccoli che fortunatamente è riuscito a rimanere in sella.
A quel punto il corpo di Andrea è rimasto in quella situazione che nessuna misura di sicurezza può scongiurare: in mezzo alla pista, schivato dal gruppo, fino a che Lorenzo Zanetti, ad oltre 230 km/h e reso cieco dal muro d’acqua, ha colpito con l’avantreno della sua Honda il casco del collega.
Un impatto devastante che non ha lasciato scampo al povero Antonelli nonostante i celeri tentativi di rianimazione che, una volta constatata la gravità della situazione, si sono concentrati presso il Medical Center scartando il trasporto in Elisoccorso.
“Questo tipo di urto scarica un peso pari a 38.000 kg sulla testa del pilota. Non c’è stato nulla da fare, Andrea non si è accorto di niente”, ha spiegato Massimo Corbascio, responsabile della Clinica Mobile nel Mondiale Superbike.