Lotus 78, la mamma delle “Wing Car” che rivoluzionarono la Formula 1

La Lotus 78 è una delle macchine che verranno ricordate per aver rivoluzionato il mondo della Formula 1 e delle corse: con lei si aprì l’epoca delle “Wing Car”, vetture con la particolare configurazione a effetto suolo, capaci di sfruttare il flusso d’aria che scorre sotto il fondo della vettura per creare deportanza.
Comportamento speculare a quello di un’ala, da cui appunto prendono il nome.

Colin Chapman è indiscutibilmente uno dei più grandi geni (per non dire il più grande) nel campo delle competizioni a 4 ruote: la sua storia è legata a doppio filo con la Lotus, piccola casa automobilistica da lui stesso fondata nel 1952 e costruita attorno all’idea di perseguire nelle proprie vetture la massima leggerezza piuttosto che la massima potenza, perchè, come diceva Chapman: “Adding power makes you faster on the straights. Subtracting weight makes you faster everywhere”.

Già la Lotus 72 rivoluzionò la F1, introducendo concetti nuovi come il motore centrale con funzione portante, capace di sostenere il resto della scocca da un lato e le sospensioni e il cambio dall’altro, i musi bassi e affilati, i radiatori laterali e le prime aerodinamiche elaborate.
Tutte soluzioni che negli anni si sono affermate sempre di più e che ancora oggi sopravvivono nella morfologia delle monoposto moderne.

Già negli anni ’60 si iniziò a pensare al modo di generare deportanza senza utilizzare gli alettoni, in Lotus gli studi sull’effetto suolo iniziarono molto prima del debutto della ’78, ma fino ad allora non si erano mai ottenuti risultati così clamorosi.

Di effetto suolo abbiamo già parlato nella scorsa puntata, dedicata alla Chaparral 2J: il concetto su cui si basa è lo sfruttamento di una differenza di pressione tra l’aria che scorre sopra e sotto la macchina, da cui si genera uno “schiacciamento” della vettura al suolo che ne aumenta l’aderenza in curva.

Il fenomeno si può sfruttare in due modi: o in maniera molto brutale, sottraendo meccanicamente l’aria dal fondo (come sulla 2J, in cui due ventole aspiravano l’aria dal fondo), o in maniera più raffinata, studiando e imparando a controllare i flussi che scorrono sopra e soprattutto sotto la vettura.
Quest’ultimo è il tipo di effetto suolo introdotto dalla Lotus 78, che negli anni successivi verrà copiato e perfezionato fino all’estremo, sfociando in alcuni casi in vetture assolutamente improbabili, di cui ci occuperemo nelle prossime puntate.

A questo punto è d’obbligo fare una breve ma necessaria spiegazione su due principi fondamentali della fluidodinamica, indispensabili per capire come funziona l’effetto suolo: il Principio di Bernoulli e il Tubo di Venturi.

BERNOULLI:

“in un fluido ideale su cui non viene applicato un lavoro, per ogni incremento della velocità si ha simultaneamente una diminuzione della pressione e una variazione di energia potenziale gravitazionale del fluido solo quando il nostro sistema ha due punti posti ad altezze diverse.”

Per i tecnici e appassionati, la formulazione rigorosa è la seguente, per tutti gli altri, saltate qualche riga più in basso:

Per un flusso stazionario, invariante nel tempo, che non subisce scambi di lavoro con l’esterno, si ha una relazione del tipo:

con v il volume specifico del sistema e g l’accelerazione di gravità.

La relazione semplicemente indica che, dato un sistema, le pressioni iniziale e finale p, indicate rispettivamente con 1 e 2, le velocità iniziale e finale w e le altezze iniziale e finale z devono essere correlate in modo da dare lavoro nullo del sistema.
Nel nostro caso, essendo l’auto alla medesima altezza, otterremo:
Quindi pressione e velocità sono legate tra loro.

Traducendo e semplificando: all’interno di un fluido in movimento, per ogni incremento di velocità si ha una diminuzione della presssione, di conseguenza l’aria in movimento ha una pressione più bassa dell’aria ferma, e maggiore è la velocità, minore è la pressione.

Il principio di Bernoulli si applica nelle ali degli aerei e negli alettoni automobilistici: entrambi hanno un profilo asimmetrico che, investito dall’aria, induce due velocità diverse dell’aria stessa sulle due facce del profilo.

Se la faccia che induce velocità maggiore (quindi pressione minore) è rivolta verso l’alto si ha un ala (che genera portanza), se la stessa faccia è rivolta verso il basso si ha un alettone (che in maniera speculare genera quindi deportanza).

VENTURI:
“All’interno di un condotto a sezione variabileì (banalmente, un tubo), perchè la portata sia costante un fluido in movimento dovrà avere velocità maggiore nella sezione più stretta e velocità minore nella sezione più larga.”

Anche qui approfondiamo per i tecnici, la relazione per avere la portata è:

Con q la portata volumetrica (cioè quanto volume di fluido passa in un lasso di tempo in quella determinata sezione), w la velocità del fluido e A la sezione del tubo considerata.

Perché la portata sia costante devo ottenere, date due sezioni diverse:Quindi, se la sezione A_1 è più stretta della sezione A_2, la velocità w_1 del fluido al suo interno sarà maggiore rispetto alla w_2.

In pratica, per ogni restringimento di sezione si ha un accelerazione del fluido all’interno del condotto stesso.

Uniamo i concetti: un flusso (l’aria nel nostro caso) che scorre in un condotto a sezione variabile, dovrà accelerare quando la sezione è minore e rallentare quando è maggiore, generando quindi pressioni più basse nella sezione minore e più alte nella sezione maggiore.

Nel caso della Lotus 78, inizialmente gli studi furono orientati solo verso il primo tipo di aerodinamica: si pensò di sagomare le pance laterali in modo che rispondessero alle richieste di un grande profilo alare rovesciato, che si sarebbe sviluppato per tutta la lunghezza delle fiancate e che avrebbe dovuto essere in grado di generare una deportanza talmente grande da permettere ai piloti di affrontare le curve con velocità molto maggiori di quelle dell’epoca, nell’ordine delle decine di km/h.

Il tutto senza perdere in velocità pura ma anzi aumentandola, poichè il fondo avrebbe permesso di ridurre l’incidenza degli alettoni (o addirittura toglierli) riducendo al contempo la resistenza all’avanzamento.

L’utilizzo del profilo alare era già di per sè un idea geniale ma non poteva funzionare da sola: già alcuni anni prima la March 701 introdusse le pance ad ala rovesciata ma i risultati non furono buoni, il sistema non funzionava perchè la zona di bassa pressione veniva “riempita” dall’aria circostante vanificando l’effetto.


Il passo successivo fu quindi quello di separare i flussi che scorrevano sotto l’auto da quelli che le scorrevano attorno, in modo da rendere efficace la depressione creata dalle pance ad ala; le fiancate vennero quindi sigillate a terra tramite minigonne striscianti.

Le minigonne inizialmente erano delle piastre di alluminio con un bordo plastico/gommoso applicato sull’estremità a contatto con l’asfalto (e quindi sottoposta ad usura per strisciamento), erano montate sulle fiancate della vettura e dovevano garantire la sigillatura del fondo.

Durante i test però vennero messi in evidenza problemi di tenuta e di aderenza all’asfalto che spinsero i tecnici a cambiare soluzione, passando all’utilizzo di minigonne mobili in cui la parte a contatto col suolo, soggetta ad usura, era di tipo ceramico, mentre l’aderenza delle minigonne era garantita da molle inserite nelle fiancate che premevano verso terra.

Fin qui di effetto venturi non si parla, esso fu preso in considerazione solo durante i primi test in galleria del vento, durante i quali, alla prima accensione delle ventole, le fiancate del modello in legno cedettero di schianto a causa di un carico aerodinamico eccessivo.

Si capi in quel momento che la presenza delle minigonne, unite alla vicinanza al suolo del fondo, modificavano le condizioni di esercizio ipotizzate inizialmente: l’area compresa tra il fondo della vettura, le minigonne e il suolo costituiva un condotto a sezione variabile, un vero e proprio tubo di Venturi che si estendeva sotto le pance laterali e per tutta la lunghezza delle stesse, al cui interno l’aria accelerava molto più di quanto ci si aspettsse, creando una deportanza maggiore di quanto calcolato: era nata la prima wing car.

Il risultato fu un autentico mostro, potenzialmente in grado di fare a pezzi gli avversari su qualsiasi circuito: la Lotus era letteralmente incollata a terra, curvava a velocità superiore rispetto a tutti gli avversari e nessuno capiva perchè.

Trovata l’idea però, per sfruttarla a proprio vantaggio bisognava riuscire a tenerla nascosta agli avversari il più a lungo possibile.
Si dice che il modo migliore di nascondere una cosa sia lasciarla in bella vista, così le minigonne, le uniche parti che avrebbero dovuto suscitare sospetti, furono lasciate sotto gli occhi di tutti, facendole passare per vere e proprie spazzole la cui unica funzione era quella di pulire l’asfalto davanti alle ruote posteriori, aumentando il grip e la trazione.

I tecnici Lotus deviarono tutti i sospetti sul differenziale: un differenziale assolutamente normale su cui però i membri del team cercarono di catalizzare tutta l’attenzione, sviando o non rispondendo a precise domande, coprendo il retrotreno con dei teli dopo ogni sessione e sollevando le ruote posteriori da terra per spostare l’auto all’interno del box e del paddock.

Abboccarono tutti: le teorie più diffuse parlavano di un differenziale miracoloso o addirittura dell’assenza di differenziale, così mentre tutti cercavano di carpire un segreto che non c’era, in Lotus continuavano a sviluppare indisturbati l’effetto suolo.

L’auto fece la sua prima apparizione nella stagione 1975 ma evidenziò da subito alcuni problemi di gioventù che portarono alla decisione di rinviare il debutto al 1977: anno in cui la Lotus 78, nelle mani di Mario Andretti, ottenne 4 vittorie ed altrettanti piazzamenti.
Purtroppo i 7 ritiri relegarono Andretti al 3° posto dietro a Niki Lauda e Jody Scheckter, dimostrando comunque un potenziale enorme in vista della stagione successiva.
Nel 1978 la vettura non deluse le aspettative: disputò le prime 5 gare ottenendo 2 vittorie, un secondo posto ed altri piazzamenti nelle mani di Mario Andretti e Ronnie Peterson, prima di venire sostituita nella seconda parte della stagione con la Lotus 79.

La Lotus 79, evoluzione della wing car originale, sfruttò al meglio l’effetto suolo con un nuovo fondo e una carenatura molto più “pulita”.
Fu probabilmente la più bella F1 di quegli anni e si rivelò l’arma definitiva che portò la Lotus al titolo mondiale 1978 con Mario Andretti, mentre Ronnie Peterson chiuse al 2° posto con altrettanti podi e piazzamenti.

La lotus 79 era la macchina perfetta, ma gli avversari non stettero molto a guardare: nel 1980 ormai l’effetto suolo era stato sdoganato e tutti, chi meglio e chi peggio, lo utilizzavano nelle proprie vetture.

Chapman fu costretto a strafare con la successiva Lotus 80, una vettura estrema che si rivelò un fallimento ma che insegnò a tutti una lezione fondamentale: l’effetto suolo era inutile se non perfettamente controllato.

La strada però era ormai aperta: l’epoca delle wing car durò fino al 1983  quando, a causa dell’esasperazione dei mezzi e degli incidenti fatali sempre più frequenti durante quegli anni, la FIA mise al bando dapprima le minigonne, e successivamente tutti i dispositivi striscianti e mobili, oltre all’imposizione qualche anno più tardi del fondo piatto.

Grazie a Federica Mauri, studentessa di Ingegneria Aerospaziale, per gli approfondimenti tecnici.

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